Considerata la facilità con cui il racconto mediatico prosciuga la carica simbolica di ogni ricorrenza, trasformandola in vuoto simulacro, dovremmo forse dire che paradossalmente bisogna liberare l’8 marzo “dall’8 marzo” per fare giustizia di una giornata come questa che richiama significati e valori importanti che nella vita di ogni donna sono vissuti e praticati, talora con molta difficoltà, tutti i 365 giorni dell’anno.
Nel secolo passato il movimento delle donne ha saputo conquistare diritti politici e civili importanti, (primo fra tutti il diritto al voto) e introdurre i temi dell’emancipazione femminile nel dibattito pubblico anche attraverso il complesso percorso di ricerca identitaria degli anni 60/70.
Da allora la partecipazione delle donne ai processi culturali è stata maggiore e più incisiva, anche se sotterranea e priva di protagonismi, esprimendo una consapevolezza nuova che supera e va oltre le modalità rivendicazioniste e identitarie del passato.
Questa nuova consapevolezza vede il raggiungimento della pari dignità, insieme al riconoscimento della diversità (quale espressione della bellezza e della fecondità del Creato) parte integrante dell’impegno comune per un mondo migliore, soprattutto in questo cambio d’epoca così complesso, contraddittorio e pieno di sfide.
Per dirla con uno slogan “I diritti delle donne sono i diritti di tutti”. A significare che nessun cambiamento è possibile se non pone al centro pari dignità e riconoscimento reciproco, uguaglianza di diritti e doveri, pari opportunità in ogni ambito sociale e lavorativo e che l’impegno delle donne in questo percorso è “simbolo” di un impegno più vasto che coinvolge tutta quella parte di umanità messa ai margini dai processi di globalizzazione e dalla crisi economica.
La stessa agenda 2030 dell’ONU, ponendo alcuni obiettivi per lo sviluppo sostenibile, afferma che “la parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace”.
Sicuramente il cammino è ancora lungo e difficile, soprattutto perché esige prioritariamente un cambiamento culturale e il superamento dei tanti stereotipi di genere ereditati dal passato. Ma forse la difficoltà maggiore è costruire delle relazioni basate sul riconoscimento reciproco e sul rispetto della persona, in una fase storica in cui i processi di cambiamento (economici e sociali) sono così complessi e veloci che rischiano di disgregare ulteriormente il tessuto sociale. Ma come ci disse Papa Francesco “Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli”.
Come coordinamento donne Acli vogliamo quindi accettare questa sfida e continuare nel cammino. Quest’anno abbiamo scelto di approfondire tre temi prioritari: lavoro, conciliazione famiglia-lavoro, welfare. Temi da affrontare in maniera innovativa, tenendo presenti i cambiamenti e/o le opportunità introdotti dalle nuove tecnologie, cercando di capire le possibilità concrete per uomini e donne di realizzare una effettiva parità di condizioni a partecipare alla pluralità degli ambiti della vita (famiglia, professione, relazioni).
Temi che sono da sempre al centro del pensiero e dell’azione delle Acli, ma al cui approfondimento possiamo dare un contributo come donne, sapendo che l’Associazione ha la sensibilità e la capacità di integrarlo nel proprio progetto complessivo di promozione sociale e di formazione. Questo perché la società che immaginiamo e vogliamo è una società autenticamente democratica, in cui le differenze sono una ricchezza ed a ciascuno è data l’opportunità di trovare il proprio spazio di realizzazione.