Prendo le mosse da una sua preghiera:
“Che cosa vale nella vita? L’aver cercato, aver creduto, aver tentato di voler bene. Avere accettato che Dio fosse compagno e Padre del cammino in cui ho incontrato tante persone che cercavano da me il Signore”.
Intorno al “cosa resta” ci ha dunque pensato lui a fare il punto. Don Raffaello ha cercato con noi, con gli aclisti, Dio nella compagnia degli uomini, dei lavoratori, nel lavoro, nella fabbrica, leggendo La Scrittura e le persone.
Come talvolta accade, è rimasto a lungo con noi, per poi esserci sottratto da una malattia strana e rapida. È quell’imponderabile al quale non ci possiamo sottrarre.
La sua riflessione sul lavoro – per vie diverse – aveva la stessa profondità che rintracciamo negli scritti e negli incontri che abbiamo avuto come Acli con il grande domenicano francese Marie-Dominique Chenu. Il lavoro pensato nel suo aspetto creativo ed anche profondamente civile. Il lavoro che crea società, un mondo diverso, rapporti che devono essere solidali.
Insomma, don Raffaello nelle Acli ha rappresentato l’approfondimento, lo spessore, la ruminazione cristiana, la fuga dallo slogan pubblicitario. Il suo è stato invece l’elogio della profondità abituale, quotidiana: offerta a tutti come la cosa più normale e più dovuta.
Da quando, giovane coadiutore presso la parrocchia di Santo Stefano, attigua alle Acli milanesi in via della Signora, faceva il doposcuola sulle tracce di Don Lorenzo Milani.
Come Acli dobbiamo molto al prete di Barbiana. Pino Trotta, al solito, ha scritto cose egregie e profonde su di lui.
Don Raffaello, ostinatamente operaista, non ha a sua volta nascosto di dovergli molto. Ostinatamente operaista, anche quando non s’usava più, neppure in certi settori della curia. E ai suoi amici veniva voglia di consigliarlo di smettere. Grazie a Dio, non l’abbiamo mai fatto.
I testimoni veri possono uscire dalle mode. Le mode passano. I testimoni meno. Le mode diventano ridicole e fuori moda. I testimoni restano. Per questo don Raffaello ci accompagnerà ancora. Come il suo grande amico Lorenzo Cantù.
Giovanni Bianchi
Sabato 30 aprile sarà inaugurato un circolo Acli intitolato a don Raffaello