Oggi a 96 anni, nel giorno di Sant’Ambrogio, è morta per complicazioni da Covid nella sua città adottiva, Bolzano, Lidia Brisca in Menapace, una donna che dobbiamo ricordare e che dobbiamo far conoscere ai giovani. Un’anticipatrice, una credente molto radicale e radicata nelle sue convinzioni con un sorriso del volto e dello sguardo che lasciavano trasparire acume e profondità di discernimento, vivacità intellettuale e un’incrollabile fiducia in un futuro più giusto, frutto delle nostre lotte e della nostra determinazione.
L’ho incontrata personalmente due volte, negli anni 90 nel corso di un’Agorà nazionale dei Giovani delle Acli e recentemente durante uno degli ultimi appuntamenti annuali di ricordo della lotta partigiana dei lavoratori dell’ATM di Milano. E questa è l’impressione che mi è rimasta di lei.
La vita di Lidia è stata appassionata e ricca di senso e di battaglie e di conquiste. Novarese di nascita, giovanissima scelse la lotta partigiana al servizio della Repubblica dell’Ossola, poi divenne leader della FUCI e quindi la prima donna eletta nel consiglio provinciale di Bolzano, dove l’aveva portata l’amore per il suo Nene, e la prima donna a far parte di una giunta provinciale sempre in Alto Adige per le liste della Democrazia Cristiana. All’inizio degli anni 60 è a Milano dove prende servizio presso l’Università Cattolica con l’incarico di Lettrice di Lingua italiana, il suo profilo di militante femminista ante litteram inizia ad essere chiaro, evidenziando soprattutto nel mondo cattolico il suo essere una testimonianza di frontiera. In quegli anni anche alcune donne delle Acli milanesi ebbero contatti con lei, unite da un comune spirito per la giusta emancipazione dell’altra metà del cielo. Nel 1968 si interrompe la sua collaborazione con l’ateneo di Largo Gemelli a seguito della pubblicazione di un documento, sottoscritto anche da Lidia e intitolato Per una scelta marxista. E così iniziano gli anni della fondazione e militanza ne Il Manifesto, poi quelli dell’impegno pacifista e nonviolento, quindi la sua breve esperienza parlamentare che la vide alla guida della commissione di inchiesta sull’utilizzo dell’uranio impoverito negli scenari bellici e infine la militanza nell’ANPI e un’instancabile lavoro di testimonianza dei valori della Resistenza specialmente presso i giovani e le giovani.
Lidia ha scritto diversi libri, alcuni anche negli ultimi anni che vale la pena di leggere ed approfondire perché in essi affronta alcuni nodi cruciali per i cittadini, per la Repubblica ed anche per i laici impegnati. Il suo radicalismo cristiano l’ha portata a posizioni intransigenti sulla giustizia sociale, sulla dignità di ogni persona umana indipendentemente dalle differenze di genere, di religione, di cultura e di etnia e sul ripudio della guerra che ci devono interrogare come credenti impegnati in ambito sociale e politico. Ha indicato senza esitazione strade da percorrere per il bene comune prendendo sempre meno negli anni della sua maturità in considerazione la categoria della mediazione ma sempre conservando una grande sincerità di intenti e con inesauribile fame e sete di giustizia.