Città Metropolitana
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La CITTÀ METROPOLITANA che vogliamo

Con la legge 7 aprile 2014, n. 56 il Parlamento ha approvato «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni dei comuni».

Una riforma che attendevamo da decenni e nell’assenza della quale la realtà milanese – che costituisce già una vera area metropolitana ben più estesa di quella individuata dalla legge, caratterizzata dalla profonda integrazione territoriale, sociale ed economica, che interconnette tra di loro il comune capoluogo e i comuni periferici – ha avuto – anche per l’oggettiva residualità di funzioni e di carisma delle province – un luogo non dichiarato ma operante di governo metropolitano che ha agito spesso e volentieri in solitudine a prescindere dalle esigenze e dagli interessi delle realtà ad esso esterne e che ha coinciso con il comune capoluogo.
Il governo metropolitano ha per scopo di riequilibrare i pesi e di assicurare ad un’area omogenea una politica altrettanto omogenea, ma la legge 56/2014 non coglie del tutto questa esigenza ed anzi rischia di accentuare il predominio del capoluogo.

La città metropolitana nasce, dunque, con un deficit genetico di controllo democratico, al punto, ma lo stesso vale per le province, da far ritenere che l’elezione di secondo grado di un ente dotato di autonomia politica non sia del tutto coerente con il principio autonomistico dell’art. 5 della Costituzione. Questo deficit deve poter essere colmato agendo su due linee.

La prima, attraverso la realizzazione della previsione statutaria della ripartizione in zone omogenee del comune capoluogo metropolitano e la suddivisione in zone omogenee del territorio metropolitano per poter avere l’elezione diretta del sindaco e del consiglio (dopo l’approvazione di una apposita legge elettorale); la seconda, mediante la creazione di istituti di partecipazione popolare di natura propositiva e non negativa, come il referendum abrogativo ed istituti di partecipazione dei comuni nel procedimento di formazione degli atti generali della città.

Lo statuto del nuovo ente offre in tal senso interessanti esempi di istituti di partecipazione positiva, che rappresentano la parte più consistente delle forme di partecipazione popolare, a conferma dell’idea che il governo locale sia e debba essere il governo di una comunità che assume su di sé l’onere di decidere politicamente le sue sorti.

La costituzione della città metropolitana costituisce un’occasione unica ed irripetibile per riflettere sulla qualità istituzionale della governance locale, sulla completezza o meno degli strumenti disponibili per favorire lo sviluppo locale, il rafforzamento delle attività produttive e dell’economia locale.

Milano ha bisogno di un nuovo approccio e di politiche più appropriate se vuole affrontare con maggiore efficacia la sfida della competizione globale. Nelle realtà più avanzate, le aree metropolitane sono ‘motori’ fondamentali della crescita economica, luoghi di creazione e diffusione di saperi, di relazioni, reti e meccanismi per la diffusione delle conoscenze. Le realtà più innovative e vitali sono quelle che nel tempo hanno saputo realizzare strutture istituzionali, meccanismi di coordinamento delle decisioni pubbliche e private, strumenti di raccolta e investimento di risorse adeguate alla qualificazione e rafforzamento della competitività dell’economia metropolitana.

La costituzione della città metropolitana deve dunque anche costituire l’occasione per dotare la governance metropolitana di strumenti più efficaci per favorire una maggiore cooperazione tra le istituzioni pubbliche, le imprese e le loro associazioni, per un più attento monitoraggio della ricaduta sull’economia locale delle politiche dell’innovazione, industriali e territoriali, migliorare l’offerta di servizi reali e finanziari avanzati e la facilitazione dell’accesso a tali servizi per le imprese locali, prestare la massima attenzione ai meccanismi e canali di trasferimento tecnologico a cominciare dallo sviluppo del sistema formativo milanese.

Per delineare i compiti evolutivi che la città metropolitana potrebbe avere per il sistema di welfare nella nostra grande conurbazione è bene partire da alcune premesse.

Occorre superare i campanilismi e aiutare gli Enti Locali a dotarsi di strumenti di governance che stimolino e premino l’azione sociale condivisa.

La città Metropolitana può essere il motore di questo processo, la riflessione su quali saranno gli ambiti omogenei e se il confine di questi ripercorrerà quello tra il capoluogo e l’hinterland o se invece i nuovi ambiti oseranno ricomporre in maniera differenziata quel confine che l’urbanizzazione ha già cancellato da qualche decennio. È una riflessione strategica che potrebbe imprimere una forte accelerazione alla trasformazione della programmazione sociale come pure in materia di sviluppo territoriale e servizi in genere con una scala dimensionale che permetta all’ente pubblico di giocare realmente il ruolo di indirizzo, e regia che troppo spesso non è in grado di interpretare efficacemente.

In conclusione riteniamo che la città metropolitana, con opportuni completamenti legislativi e con funzioni proprie ben pensate e ben organizzate possa costituire una nuova istituzione che aiuterà a governare meglio i problemi e a cogliere le opportunità che il nostro vivere associato in terra ambrosiana ci consegna.

Come abbiamo avuto modo di dire il 28 settembre 2014 in piazza Duomo, di fronte a molte migliaia di persone, ai rappresentanti di oltre 60 comuni e al sindaco Pisapia, alle persone che avranno più responsabilità in questo processo e a noi stessi e agli altri corpi intermedi chiediamo però qualcosa in più: di avere sempre presenti le ragioni più profonde per le quali si creano le istituzioni ovvero perché queste contribuiscano in modo determinante a far sì che la nostra comunità metropolitana sia sempre migliore. E per noi questo significa che essa sia sempre più “a misura di persona”, che sia sempre più grado di sostenere i più deboli e coloro che sono rimasti indietro, che sia sempre più accogliente verso i migranti e che sappia promuovere la convivenza tra diversi, che cerchi di realizzare uno sviluppo sostenibile nei suoi trasporti come nei suoi consumi energetici, che non consumi più suolo e che riesca a riqualificare le aree dismesse, che promuova una buona economia ed il lavoro (il lavoro senza il quale non vi è né speranza ne dignità) e infine che sia una città di pace, aperta al dialogo con le altre città del mondo e ambasciatrice di pace dove ci sono le guerre.

Testo per la discussione sulla città del novembre 2015