C’è chi arriva a piedi, chi in auto e chi con l’autobus. Sfilano davanti ai corazzieri di guardia davanti allo Studio alla Vetrata del Quirinale i leader e i capigruppo delle forze politiche elette in Parlamento. Prima di congedarsi alcuni rilasciano brevi dichiarazioni alla stampa, altri invece tirano dritto. È lo scenario che ci accompagna da giorni, l’immagine di una classe politica in difficoltà a garantire al Capo dello Stato e al Paese una maggioranza parlamentare. È l’antico rito delle Consultazioni per la formazione del Governo. A più di un mese dalle elezioni ci si interroga sui tempi e su quello che accadrà nei prossimi giorni:
Le consultazioni E’ quel momento della vita democratica della nostra Repubblica grazie al quale il Capo dello Stato decide a chi affidare l’incarico di formare il nuovo Governo. Sentiti i leader e i capigruppo di tutti i gruppi parlamentari, i presidenti di Senato e Camera e suoi predecessori, il Presidente della Repubblica verifica la sussistenza di una maggioranza parlamentare in grado da esprimere la fiducia ad un Governo. Nelle ultime settimane abbiamo assistito a due cicli di consultazioni, l’ultimo si è concluso il 13 aprile scorso, entrambi hanno portato ad un sostanziale nulla di fatto con i principali schieramenti arroccati sulle proprie posizioni.
I posizionamenti Pur essendo il primo partito, il M5S non gode di una maggioranza parlamentare in grado, da solo, di esprimere un Governo. Lo stesso vale per la coalizione di centrodestra il cui leader è il capo della Lega Nord, Matteo Salvini. Il capo politico e candidato premier del M5S, Luigi Di Maio, ha aperto ad un’alleanza di Governo con la Lega ma allo stesso tempo ha posto il veto su Silvio Berlusconi e il suo partito, Forza Italia, per via delle numerose inchieste e sentenze giudiziarie che lo riguardano e che coinvolgono anche altri autorevoli membri. Alleanza quella tra M5S e centrodestra che però, è giusto segnalare, si è già dimostrata possibile con la convergenza realizzatasi per l’elezione dei presidenti delle Camere. A pesare sull’opzione di un possibile strappo di Salvini con la coalizione il fatto che FI e Lega governano insieme in molte regioni e amministrazioni comunali ma anche le imminenti elezioni in Friuli dove il centrodestra si presenta unito a sostegno del candidato leghista Fedriga. Il Pd, uscito sconfitto dalle urne, ma comunque secondo partito dell’arco parlamentare, mantiene come posizione ufficiale quella di stare all’opposizione, scelta che sta provocando un ampio dibattito interno insieme all’apertura di Di Maio al Pd.
Il ruolo del Parlamento Senato e Camera in questo contesto anche senza un Governo, che rispecchi il dettato delle urne, sono formalmente operative. Come emerge da uno studio dell’associazione Openpolis infatti sono già 700 i disegni di legge presentati dai nuovi parlamentari ma non essendoci una definizione chiara della maggioranza, che guiderà il Paese, non sono state ancora composte le commissioni permanenti atte a discuterle. In questo contesto ad esaminare i principali provvedimenti è una Commissione Speciale nominata lo scorso 12 aprile che ha carattere temporaneo in attesa della formazione del nuovo governo.
Le decisioni del Presidente Mattarella A conclusione di entrambe le consultazioni il Presidente della Repubblica, preso atto dell’insussistenza di una maggioranza parlamentare, ha dichiarato l’impossibilità di affidare l’incarico di Governo. Nelle consultazioni del 13 aprile, Mattarella inoltre ha fatto presente alle forze politiche l’urgenza di dare un Governo al Paese, alla luce delle tensioni internazionali in medio oriente e delle imminenti scadenze dell’Unione Europea. A quanto si apprende un primo tentativo del Capo dello Stato di sbrogliare l’intricata matassa lo avremo tra mercoledì e giovedì. Sul piatto tre le ipotesi. La prima è quella di affidare un pre-incarico ad uno dei leader dei principali partiti e coalizioni presenti in Parlamento, un’ipotesi ad alto tasso di fallibilità, considerate le premesse sopra richiamate. La seconda è la via istituzionale: ovvero un mandato esplorativo ad uno dei presidenti delle Camere che dovrà cercare una maggioranza all’interno del Parlamento. La terza ed ultima opzione è quella di un Governo del Presidente, con un premier scelto dal Capo dello Stato, un tecnico con un programma ben preciso volto a favorire una transizione istituzionale. Forti infatti si fanno le voci che evocano nuove elezioni, con il rischio però di replicare l’esito elettorale del 4 marzo. Non a caso il gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia, per mezzo della propria leader Giorgia Meloni, ha annunciato di aver depositato una nuova proposta di legge elettorale che prevede l’introduzione del premio di maggioranza al partito o coalizione. Ma di certo il ritorno alle urne non è un’ipotesi presa in considerazione dal Quirinale. Sullo sfondo il premier Gentiloni che ha provveduto già da settimane a presentare al Capo dello Stato le proprie dimissioni. Rimarrà in carica, come vuole la prassi, fino alla formazione del nuovo Governo per il disbrigo degli affari correnti.