Il 2 Giugno del ‘46 prendeva corpo l’esperienza Repubblicana del Popolo Italiano. Due sono gli atti di coraggio che hanno permesso questa scelta:
la riconquistata libertà ed il grande desiderio di uno stato democratico con la volontà collettiva di ricostruire il Paese.
Il ruolo della classe dirigente, in quel tempo veramente storico, è stato determinante.
Lo spartiacque democratico del referendum popolare fece nascere la Repubblica e l’assemblea Costituente, la prima assemblea democratica dopo il Ventennio fascista. Dalla convergenza tra le diverse parti politiche, nacque la Costituzione, le radici comuni della cittadinanza italiana, ciò che oggi ci unisce e che condividiamo più di ogni altra cosa. “Siamo tutti repubblicani, siamo tutti democratici”, allora non era così scontato, anzi…
I dirigenti politici, alle prese con la ricostruzione post-bellica, agirono in concordia sulle regole comuni: la Repubblica e la Costituzione, rinviando il momento della competizione elettorale tra i diversi partiti. Fecero una scommessa sul bene del Paese, al di là dei tornaconto di parte. È un’analogia che oggi dovrebbe far riflettere maggioranza ed opposizione. In attesa delle elezioni che verranno e dinanzi ad un Paese in ginocchio, è la capacità di proposta e di governo della crisi Covid che fa la differenza, non i teatrini, le polemiche e le ripicche inconcludenti. La sfiducia non nella politica ma nei politici, che oggi si manifesta, indica la sfiducia nella capacità di risolvere i problemi concreti dei cittadini da parte delle istituzioni.
La ripresa dopo il lockdown, non è né facile e né scontata, dipenderà dalla capacità di cambiare e di cogliere le opportunità sociali, economiche ed ambientali che si presenteranno con una priorità organizzativa della sanità pubblica per contrastare eventuali future pandemie ed emergenze.
Siamo coscienti però che oggi, come nel ’46, le classi dirigenti politiche devono avere un soprassalto di lungimiranza e di visione. Il loro compito è quello di gestire in modo condiviso e fino in fondo il passaggio dalla seconda alla terza Repubblica, dando vita a quelle riforme costituzionali ed elettorali che permettano di completare una transizione dalla democrazia della rappresentanza a quella decidente. Come è avvenuto con le leggi elettorali per la stabilità di Comuni e Regioni così deve avvenire per il potere Legislativo ed Esecutivo dello Stato Italiano.
È paradossale il confronto tra la stabilità dei nostri governi (dal 1948 al 2020 sono stati 48 con una media di 1,6 anni di durata), con quelli tedeschi (dal 1949 al 2020 sono stati 8 con una media di quasi 9 anni). L’instabilità degli esecutivi Italiani è il vero “tallone di Achille” della nostra democrazia. Occorre provvedere al più presto per evitare che il conflitto tra i partiti degeneri ed il Paese prosegua verso la deriva dell’ingovernabilità.
Nei primi anni ‘90 la politica aveva promesso al popolo italiano una democrazia (compiuta) maggioritaria e decidente, “ridare lo scettro al principe” diceva Ruffilli, promessa ancora non mantenuta.
Dalla prima alla seconda repubblica si è caricata la pistola col passaggio dal proporzionale al maggioritario. Si è costruito un percorso che poi in realtà non ha cambiato il sistema politico che è rimasto ancora proporzionale, instabile e non decidente.
Oggi, è in vigore una legge elettorale parzialmente maggioritaria, ma dal 1991 gli esecutivi italiani sono sempre stati “proporzionali ed instabili”. Questa “inconcludenza” istituzionale ha prima illuso e poi deluso l’elettorato. In questo scenario, le forze politiche popolari, liberali e democratiche devono stare molto attente, perché, storicamente, tutte le destre autoritarie sono nate in condizioni simili a quelle attuali. Questo dobbiamo ricordarcelo!
Sentiamo da più parti dire che dopo l’emergenza Covid nella realtà sociale “nulla sarà come prima”, ma perché allora la politica non deve cambiare?
L’emergenza sanitaria che ha messo a rischio le nostre vite ed ha limitato le nostre libertà ha generato il momento in cui la politica deve compiere una scelta di concordia. Come la politica ha saputo fare il 2 Giugno del 1946 con l’Assemblea Costituente, ora più di allora, deve riscrivere le regole in modo condiviso. Ci attende una sfida decisiva.
Ne sarà capace la classe politica odierna?
I partiti avranno il coraggio di aprire un periodo per decidere insieme – maggioranza e minoranza – una nuova stagione dell’Italia democratica?
“Lo scopriremo vivendo” ma certamente non senza il nostro contributo.
Come la storia ci insegna, le spinte per i cambiamenti, anche istituzionali, nascono dal basso, dalla mobilitazione dei cittadini e dei corpi intermedi.
Che la festa della Repubblica sia il momento della presa di coscienza collettiva per dar corpo ad una democrazia più compiuta, sia nella consapevolezza dei cittadini sia nei gruppi dirigenti dei partiti. Questo è l’augurio che rivolgiamo al popolo italiano dopo la sofferta prova del Coronavirus.
Francesco Prina
Natalino Stringhini