È al centro del dibattito da settimane, gli economisti sviscerano quotidianamente dati e cifre con le previsioni dell’impatto sull’economia del Paese. È la prima manovra economica del governo giallo-verde.
Tra i punti più controversi e dibattuti c’è lo sforamento del deficit al 2,4% inserito nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza appena approvata dal Parlamento, notizia che fin dagli annunci ha mandando in fibrillazione i mercati, con lo spread che ha superato quota 300 e la Commissione Europea che ha esposto le proprie preoccupazioni suggerendo all’Italia di rimanere nell’alveo dei parametri europei. Anche in casa si avvertono le prime resistenze con l’Ufficio parlamentare di bilancio, organismo indipendente che vigila sull’andamento dei conti pubblici, Bankitalia e INPS che hanno posto, in sede di audizione parlamentare, criticità e preoccupazioni.
Tra i motivi che hanno indotto il governo a intraprendere la via dello sforamento del deficit c’è senz’altro l’attuazione di uno dei cavalli di battaglia del M5S, il reddito di cittadinanza, promessa che è risultata determinante per l’esito elettorale del 4 marzo e che ha portato al successo del movimento guidato da Di Maio. Previsto per l’attuazione uno stanziamento di 10 miliardi di euro.
Con l’introduzione di questa misura è naturale chiedersi che fine farà il Reddito di inclusione (REI), la misura di contrasto alla povertà introdotta dal governo Renzi e sui cui le Acli, tra le associazioni capofila dell’Alleanza contro la povertà, in questi anni hanno stimolato l’azione di Governo e Parlamento affinché diventasse sempre di più una misura strutturale nel sistema.
Di fatto il reddito di cittadinanza assorbirà quest’ultimo ma cambieranno i requisiti che ne daranno diritto.
Se per percepire l’assegno (variabile tra i 190 e 539 euro) del REI occorreva possedere un ISEE inferiore ai 6.000 euro, un valore del patrimonio immobiliare non superiore a 20.000 e un valore patrimoniale mobiliare inferiore a 10 mila, secondo le ultime notizie i destinatari del Reddito di cittadinanza (6,5 milioni, stima pronunciata dal ministro del Lavoro) dovranno presentare un ISEE inferiore ai 9.300 euro per godere di un assegno mensile fino a 780 euro (solo chi avrà un reddito pari a zero percepirà l’intero importo), quota che potrà variare a seconda del numero dei componenti il nucleo familiare (per i genitori disoccupati con figli a carico il sussidio può salire fino a 1.630 euro). A gestire la parte amministrativa saranno i centri dell’impiego che saranno riformati grazie ad uno stanziamento di 2 miliardi di euro.
I destinatari dell’assegno saranno poi obbligati ad intraprendere percorsi di reinserimento nel mercato del lavoro e ad accettare una delle prime tre offerte che gli saranno presentate, la pena è la decadenza del diritto al Reddito di cittadinanza.
Su questo punto della manovra, preoccupazioni sono arrivate anche dalle parti sociali e dal mondo del terzo settore. Le Acli hanno invitato il Governo a non abbandonare il percorso avviato con il REI “pensato per dare una risposta efficace ed efficiente alla povertà assoluta” così scrive il presidente dei cristiani lavoratori italiani, Roberto Rossini, nel suo blog sull’Huffingtonpost ricordando che “si tratta di una misura che cerca di lavorare sulla molteplicità delle cause di povertà, garantendo agli enti territoriali più vicino al cittadino la “titolarità” del lavoro di re-integrazione”.
Molti gli interrogativi rimasti che dovranno trovare risposta nella Legge di Bilancio che il Governo, ottenuto il via libera parlamentare sul DEF, si appresta a varare.