Nella nostra Chiesa circolano molte belle energie: le vedo all’opera negli oratori e nelle parrocchie, nei gruppi pastorali e nelle persone che incontro. Certo, le parole di Francesco hanno molto aiutato a rivitalizzarle indicando le idee e i principi imprescindibili per un cristiano. Io credo che dobbiamo tutti darci da fare perché le idee e le energie si incontrino nella concretezza.
È con questo sguardo che ho letto il documento finale del Sinodo dei Giovani: è profondo ed esprime con chiarezza la direzione, però, come tutti sanno, io sono un prete che crede sia giusto dare anche risposte concrete. Per questo sabato 2 marzo alle 10,30 ho organizzato un incontro nella sala Melato del Piccolo Teatro di Milano: come trasformare le parole in fatti concreti?
Nel documento finale la relazione, il gruppo, l’equipe e la comunità ricorrono continuamente, indicati come strada maestra per rinnovare la vita nella Chiesa e nella società. Ma se ne parla come fosse un fatto scontato e diffuso nelle grandi riunioni dei vescovi o dei sacerdoti fino ai gruppi giovanili parrocchiali, mentre è un aspetto di cui avere cura costante ogni giorno. Al riguardo in questo documento c’è un qualche accenno alla formazione, l’invito esplicito a essere capaci di relazioni fraterne, ma non si dice come formulare e realizzare quella formazione alla comunità e al gruppo, un insegnamento e un apprendimento oggi quanto mai necessario. C’è sicuramente sensibilità, ma nessun impegno esplicito a formare, ad insegnare, a richiedere. A mia convinzione, una comunità incomincia con una relazione importante che si unisce alla realizzazione di un progetto. Senza una significativa relazione c’è appunto un gruppo di studio o di lavoro, non ancora un gruppo o una comunità.
In diverse parti si accenna al linguaggio della Chiesa, mai al linguaggio della liturgia, linguaggio che si dice da aggiornare. Statisticamente nella liturgia i “Signore pietà”, i Kyrie, il peccato e il peccatore, “i tuoi servi”, sono la grande maggioranza delle invocazioni. Ma l’impegno per descrivere Dio come Padre, a parlare di giustizia verso i deboli e i poveri, di condivisione dei beni, di non violenza, impegno centrale per Papa Francesco, risulta “di contorno” nella comune comunicazione.
Continuando, come è giusto nel documento si parla e si onora Gesù come Redentore, Maestro, etc., ma Gesù era un uomo di carattere, capace di dire in faccia alle autorità religiose e civili quello che pensava, capace di grandi tenerezze verso i poveri fino a morire (anche) per le sue idee e scelte tenute fino alla fine. Perché, come uomo, non dovrebbe essere un modello concreto in carne ed ossa per i giovani, per le donne e per uomini di oggi?
Occorre anche considerare che, almeno in Italia, il numero dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose è in crollo verticale. La loro formazione dovrebbe essere considerata come centrale. Particolare importanza hanno i rettori dei seminari ed i superiori delle comunità religiose. Il rettore di un grande seminario italiano in risposta ad un candidato sacerdote che esprimeva il desiderio di vivere, dopo il seminario, in una comunità, ha detto che sarebbe una pessima scelta perché il sacerdote si deve mantenere “autonomo”.
Forse è giunto il momento di gestioni miste anche nelle parrocchie, nel senso di sacerdoti insieme a madri e padri di famiglia, laici, come si dice, “di provata saggezza di vita”.
A partire da queste mie suggestioni, vorrei che sabato mattina potessimo ascoltare proposte per metterci in cammino “facendo”, impegnati a renderci donne e uomini costruttori di una vita bella e degna. Per tutti.
Don Gino Rigoldi