Corrado Barbot era nato nel 1938 ad Aviano, nei pressi di Pordenone: faceva cioè parte di quella prima generazione di immigrati “interni” a Milano, quelli cioè che venivano dalle zone (allora) più povere del Nord d’Italia, che cercavano nel capoluogo lombardo una possibilità di lavoro e di riscatto sociale , anticipando gli italiani del Sud e poi gli abitanti del Sud del mondo. Oltre a mantenere un fortissimo legame con la sua terra d’origine, questa condizione di migrante lo rese da sempre sensibile alla condizione dei più poveri, della classe lavoratrice, delle persone che arrivavano a Milano con la valigia di cartone e spesso nemmeno quella .
Muratore, poi capomastro, conquistò con caparbietà il diploma di geometra, e all’attività professionale affiancò quasi da subito una grande passione sociale che era alimentata dalla conoscenza di due grandi figure di sacerdoti legati alle ACLI, don Paolo Villa (poi divenuto Piccolo Fratello di Gesù sulle orme di Charles de Foucauld) e don Raffaello Fiora. Da qui fu quasi naturale il passaggio alla militanza piena nel Movimento, al seguito di quella straordinaria figura di animatore che fu Gian Mario Albani. Nel 1963 entrò per la prima volta a far parte del Consiglio e della Presidenza provinciali, e a partire dal 1966 fu per sei anni, nella Presidenza di Pietro Praderi, a capo dell’organizzazione delle ACLI milanesi, in un’epoca in cui esse contavano più di 500 Circoli su tutto il territorio provinciale ed erano una forza sociale (ed in qualche misura politica) rispettata e per certi versi temuta, almeno in certi ambienti. Fu anche il periodo delle maggiori difficoltà delle ACLI nel rapporto con la politica e la Gerarchia ecclesiastica, con la rottura del rapporto collaterale con la DC , la “scelta socialista” di Vallombrosa, il ritiro del consenso da parte della CEI, la “deplorazione” di Paolo VI, le scissioni…
Barbot si impegnò con passione nel dibattito interno alle ACLI milanesi e nazionali: nel 1972 divenne Vicepresidente provinciale a fianco di Franco Sala, ma quando il Presidente venne sfiduciato dal Consiglio provinciale lo seguì all’opposizione, e di fatto rimase in minoranza rispetto alle posizioni della Sinistra ACLI per i nove anni successivi, pur mantenendo incarichi di rilievo nel Movimento e, contemporaneamente, nel mondo cooperativo.
Nel 1981, quando il XX Congresso provinciale sancì un cambiamento di orientamenti all’interno delle ACLI di Milano, Barbot divenne Presidente provinciale: furono anni complicati, sia sotto il profilo politico sia sotto quello organizzativo, e la Presidenza guidata da Barbot dovette affrontare sia un significativo ricentramento della linea politica e culturale delle ACLI sia un severo ridimensionamento della struttura, impegnandosi tuttavia a non lasciare senza un posto di lavoro i dipendenti che dovevano lasciare la struttura associativa.
Alle elezioni politiche del 1987 Barbot si candidò nelle liste della Democrazia Cristiana ma non venne eletto: lasciata a Lorenzo Cantù la Presidenza delle ACLI , pur mantenendo intensi legami con il Movimento si dedicò alacremente all’attività cooperativistica, sia sotto il profilo professionale sia sotto quello associativo , assumendo la guida di Confcooperative Milano e rilevanti incarichi nazionali.
Gli ultimi suoi anni furono segnati da una serie di affanni sia sotto il profilo professionale sia sotto quello fisico, con il conseguente ricovero in una RSA: indebolito nel fisico, è stato contagiato dal coronavirus ed è deceduto stamane presso l’Ospedale San Matteo di Pavia.
Le ACLI fanno memoria di un militante appassionato, di un dirigente capace e sensibile, di un amico sempre pronto alla battuta e capace di aiutare coloro che si trovavano in difficoltà, di un vero credente, e lo affidano nella preghiera alla misericordia divina. Un abbraccio sincero alla moglie Maria Adele, alle figlie Daniela e Michela e ai generi Paolo Petracca e Tommaso Vitale.