Elezioni in Croazia: vince il centrodestra

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Il dato più indicativo è quello relativo all’affluenza alle urne, risultata di appena il 46,9 %, in flessione del 5,7% rispetto al voto del 2016: la partecipazione elettorale più bassa nella storia del Paese.

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Domenica scorsa in una  Zagabria quasi addormentata poco dopo la mezzanotte e ancora ferita nei suoi edifici austroungarici dal terremoto dello scorso 22 marzo,  è stata scossa da un boato incredibile proveniente non da una consueta sede grigia di partito bensì da un cortile all’aperto, pieno di vestigia antiche, del museo archeologico locale. Ad esultare i delegati dell’HDZ (Hrvatska demokratska zajednica, Unione Democratica Croata) che si erano riuniti per avere raggiunto alle amministrative nazionali un risultato che non si otteneva dai tempi del fondatore del partito e primo presidente della Repubblica di Croazia, Franjo Tuđman.

Andrej Plenković, l’attuale premier e leader del partito, dopo avere parlato, nel saluto da vincitore ai suoi, di diritti umani ed avere utilizzato la parola Europa ripetutamente, avanzava tra due ali di folla festanti, tra cui si intravedeva anche Miroslav “Ćiro” Blazević, l’allenatore della Croazia terza ai mondiali del ‘98 in Francia, per proseguire i festeggiamenti con la cerchia ristretta del suo staff e dei suoi ministri sino a notte inoltrata.

Sicuramente Tuđman avrebbe fatto fatica a riconoscere i suoi, azzimati nei completi Hugo Boss che indossavano, nello stile internazionale che tenevano e soprattutto sarebbe trasalito nel sapere che le prime sentite felicitazioni erano arrivate dal premier serbo Vučić, anche lui fresco di elezioni vittoriose e astensioni di protesta nella sua Belgrado e che, via twitter, si è detto “convinto che vi sia spazio per un miglioramento dei rapporti tra Serbia e Croazia“.

Eppure i bookmakers davano alla pari l’HDZ con la coalizione di centro sinistra Restart guidata dai socialdemocratici alla vigilia delle elezioni, poi è andate così male ai secondi ( in tutti i sensi), che il loro leader Davor Bernardić si è dimesso due giorni dopo in seguito alla sconfitta epocale, con una coerenza peraltro ignota a tanti politici di italica produzione.

I bene informati dicono che queste elezioni siano stare anticipate a luglio anziché in autunno affinché l’HDZ potesse godere appieno del consenso ottenuto con una buona gestione del lockdown e della quarantena stessa, anche se negli ultimi giorni le notizie di un aumento dei contagi destano preoccupazione per l’industria turistica fondamentale per l’economia croata, come lo era stato per i contagi avvenuti in occasione del torneo di tennis Adria tour tenutosi a giugno a Zara e organizzato da Nole Đoković.

Al di là delle percentuali di voto dei singoli partiti, il dato più indicativo è quello relativo all’affluenza alle urne, risultata di appena il 46,9 per cento, in flessione del 5,7% rispetto al voto del 2016. Sicuramente si tratta della partecipazione elettorale più bassa nella storia del Paese, in parte da attribuire ai timori per il coronavirus ma anche pericoloso sintomo di un allontanamento da parte del popolo croato dalla politica

Un brutto segnale in generale e ancora di più in una democrazia giovane come quella di Zagabria, soprattutto perché il disinteresse se non la mancanza totale di informazione, predomina nella fascia degli elettori sotto i trent’anni, dove gli astenuti sono tantissimi: alle ultime elezioni europee ha votato soltanto il 18 per cento quando la media europea è stata del 42 per cento.

E questa è un’ulteriore indicazione negativa, peraltro in linea con l’apatia verso il voto che ormai è un dato comune in questa area e in Europa in generale.

Sono in tanti a sostenere che il più grande alleato di Plenković, leader con una carriera europea e diplomatica di tutto rispetto peraltro, sia stato il Coronavirus e qualcuno, in Croazia e non solo, tuttora contesta lo spot elettorale registrato dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen a favore della HDZ, che fa parte dello stesso partito europeo che la ha candidata a presidente ovvero il Partito Popolare Europeo, ritenendolo per lo meno inopportuno.

Del resto lo stesso Plenković non sarà così naif da pensare che la sua agenda politica possa basarsi unicamente sulla sicurezza sanitaria dei suoi connazionali, i temi caldi sul piatto che lo attendono sono tanti: dalla lotta al malaffare alla crisi economica, dalla diaspora all’estero delle nuove generazioni al risparmio nel settore pubblico con la riduzioni di ministeri e incarichi politici per giungere infine all’adozione definitiva dell’euro nel 2023.

Il premier croato intanto mentre sta continuando le consultazioni per formare il nuovo governo, sabato 11 luglio si è così espresso sulla tragedia di Srebrenica nel suo  25 ° anniversario: “Il crimine di Srebrenica è un fatto tragico e indiscutibile che ci è di monito e chiede di non accadere mai più, dobbiamo tutti lavorare insieme con impegno per stabilire e presentare la verità su Srebrenica”. E ha poi aggiunto “La Croazia, in quanto paese amico e vicino, aiuterà sempre la Bosnia-Erzegovina a costruire un futuro migliore come paese di tre popoli uguali e in particolare nel suo cammino verso l’adesione all’Unione europea”.

Dichiarazioni queste di Plenković per nulla scontate e che fanno sperare bene per quest’area geografica fondamentale per l’Europa, che necessita ulteriore stabilità