La chiave dei mutamenti nella compagine di governo è il tentativo di dare l’ultima messa a punto prima delle presidenziali che si annunciano quanto mai incerte per tutti. E per Hollande in particolare
Rimpasto di governo in Francia. Sì, proprio il vecchio rimpasto, tanto caro ai democristiani quanto detestato da Silvio Berlusconi, cui veniva l’orticaria solo a sentirne parlare. A Hollande che, in fondo, è un po’ un democristiano travestito da socialista, queste cose piacciono molto. Gli consentono infatti di manovrare a piacimento tra le varie anime del suo partito e tra i diversi alleati di sinistra, trovando così – almeno spera – la miglior formula per restare all’Eliseo altri cinque anni.
Confermato, e non vi erano dubbi in proposito, Manuel Valls alla guida del governo, vera e grande novità è l’approdo al ministero degli Esteri dell’ex premier Jean-Marc Ayrault. Da tempo questi aveva preso a capeggiare la fronda socialista contro il governo, avendo alquanto in uggia lo stesso Valls, “colpevole” di avergli fregato il posto a Matignon due anni or sono. Riportarlo entro il governo è un po’ il miglior antidoto per neutralizzarne la veemenza polemica che, negli ultimi tempi, aveva messo a soqquadro i già fragili equilibri della maggioranza.
Lascia il Quai d’Orsay, un altro ex primo ministro, Laurent Fabius, prossimo a divenire presidente del Consiglio costituzionale al posto, a sua volta, del gollista di marca chiracchiana, Jean-Louis Debré, giunto in scadenza di mandato. Cambio della guardia anche al ministero dell’Ecologia, ove arriva la responsabile nazionale dei Verdi, Emmanuelle Cosse; alla Pianificazione territoriale, dove giunge il Radicale di sinistra Jean-Michel Baylet, e alla Cultura dove Audrey Azoulay, alta funzionaria nel ramo della comunicazione, sostituisce la contestata Fleur Pellerin, che tempo fa si era addirittura vantata di non leggere libri da due anni (come se il titolare dell’Economia dicesse di non interessarsi agli equilibri di bilancio).
Nelle intenzioni dell’Eliseo, questo rimaneggiamento dovrebbe servire a rinsaldare la squadra di governo, ricompattando l’intera sinistra riformista in vista della scadenza presidenziale. Ma se questi sono dunque i ministri; quali novità possiamo attenderci riguardo al programma?
A questo proposito Hollande e Valls si sono rivelati alquanto reticenti. Il perché è presto detto: non si prevedono cambiamenti di rotta. Il solco ormai è quello di un cammino socialdemocratico, con forti inflessioni liberali sui temi economici, e di un pressante richiamo alla sicurezza nazionale su quelli dell’immigrazione e dell’ordine pubblico. Qualcosa di diametralmente opposto rispetto ai classici canoni cui ci aveva abituato il partito socialista francese ma che adesso pare l’unico possibile orizzonte della sinistra riformista transalpina.
Priorità di queste ultime settimane è il progetto sulla decadenza della nazionalità che, chissà perché, il governo vuole estendere anche a coloro che di nazionalità ne hanno una sola, rischiando di generare degli apolidi. Una misura che, come poche altre, divide la sinistra e lascia fredda anche parte dei repubblicani cui non piace la creazione di nuovi apolidi.
Anche sul fronte economico non mancano i problemi. Dopo alcuni mesi contrassegnati da una lieve ripresa occupazionale, i posti di lavoro sono tornati a calare. D’altronde come stupirsi? L’Europa è forse uscita dalla recessione ma, certo, non ha ancora imboccato la strada di una crescita duratura. Il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, che forse sarebbe più di casa tra i repubblicani che non nella squadra di Hollande, punta a una deregolamentazione del codice del lavoro, sia liberalizzando i contratti, sia riducendo alcune protezioni a favore dei lavoratori. Opzioni rifiutata alla radice – né poteva esser diversamente – dall’intero Partito socialista che, almeno in questa occasione, mostra di ricompattarsi.
Facendo dunque le somme, la chiave dei mutamenti nella compagine di governo è un po’ il tentativo di dare l’ultima messa a punto prima delle presidenziali che si annunciano quanto mai incerte per tutti. E per Hollande in particolare.