A ventun anni scrivere un articolo su Giorgio Gaber è come scrivere un articolo su Buddha: ti aspetti che tutti lo conoscano, ma ti accorgi che nessuno sa chi è. Me ne sono reso conto quando, pochi giorni fa, l’ho nominato a mio padre. Eravamo in camera sua, si stava togliendo le scarpe dopo essere stato a lavoro -lui è uno dei pochi che ha continuato ad andarci nonostante l’emergenza covid-, mi sono avvicinato e gli ho chiesto: “Papà, ma tu Gaber lo seguivi?”. Ha smesso di slacciarsele e mi ha guardato come se fosse certo di conoscerlo, poi ha risposto: “Sì, ma non è che mi facesse impazzire, non mi aveva preso.” “E cosa hai visto di suo?”. Volevo capire perché non l’avesse preso… come mai un uomo come lui, ricco di cultura e ideali, non fosse stato preso da un altro uomo ricco di altrettanta cultura e ideali. Aspettavo una risposta che faticava ad arrivare. Più passavano i secondi, più i lacci si allentavano, più mio padre spulciava nel suo cervello, e più mi accorgevo che, probabilmente, lui di Gaber non aveva mai visto niente. “Ora non me lo ricordo.” Aveva detto alla fine, dopo essersi preso tutto il tempo necessario per togliersi entrambe le scarpe e per pensarci bene.
Credo che tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo sentito nominare da qualcuno Giorgio Gaber come fosse il suo idolo indiscusso. E molti tra noi a quel punto -sono sicuro- abbiano finto di conoscerlo alzando le sopracciglia e tirando giù gli estremi delle labbra come a dire: “Se lo conosco! So tutto di lui!”, mentre dentro pensavamo: “Chissà che ha fatto Gaber per diventare così importante…”
Chissà cosa ha fatto Gaber per diventare così importante. È la stessa cosa che mi sono chiesto io, prima di iniziare la mia ricerca infinita di un autore infinito che credo ormai mi poterò dietro per tutta la vita. Cosa ha fatto Gaber, oggi lo so: ha scelto.
Cosa vuol dire che ha scelto? In effetti, dire che qualcuno è diventato chi è solo perché “ha scelto” è dire tutto e niente di quella persona. Gaber, infatti, ha fatto molto di più: ha scelto di essere sé stesso in quanto individuo. Di essere le sue contraddizioni, il suo senso dell’umorismo, la sua rabbia e la sua tenerezza. È per questo che è diventato chi è, non perché era un ottimo cantante, o una persona profonda, o un attore formidabile e neanche perché ha inventato da zero un genere teatrale nuovo. È chi è perché ha scelto di essere davvero sé stesso. Dopo ore ed ore spese a leggere articoli su di lui e a guardare i suoi spettacoli -per fortuna facilmente reperibili su YouTube- ho scoperto che Gaber è diventato famoso perché ha scelto di staccarsi dalla massa. Ha scelto di vivere secondo i suoi ideali, lottando per condividerli con il mondo e arrabbiandosi quando il mondo li respingeva. Ma non c’è del merito nella mia scoperta, lui non ha mai nascosto che fosse così, anzi, chiunque abbia ascoltato almeno un suo brano o un suo monologo lo può confermare: Gaber non è mai stato altro se non sé stesso in tutto e per tutto. Il concetto di battersi per i propri ideali e per la libertà di essere liberi appartiene a un’epoca così falsamente lontana per la mia generazione, che fa quasi paura ricordarcene. Paura di renderci conto che forse sarebbe stato meglio se questo progresso invasivo che abbiamo vissuto non fosse mai avvenuto, che forse sarebbe stato meglio rimanere con le piccole “lucine colorate da europei”.
Ma, a dir la verità, è rimasto nella storia perché chiunque scopra Gaber ne è così travolto che farebbe di tutto per convincerti ad ascoltarlo, persino scrivendone un articolo apposta come in questo caso. Questa è la verità: sto cercando di convincervi a guardarlo, senza dirvi assolutamente niente su di lui. Ed è un modo sbagliato di affrontare il problema, quindi ho deciso che qualcosa ve la dirò. Vi dirò perché, secondo me, “non” dovreste ascoltarlo. Perché Gaber ha perso. Inneggiava alla felicità mentre portava con sé una valigia piena di mostri e ombre nere di rimpianti sfregiati. Quindi, se volete sentirvi appagati come le pubblicità ci hanno tanto fatto scoprire di poter essere, è meglio che non lo ascoltiate. Se vi piace che l’artista viva in una teca, senza mostrarci le sue vere debolezze, non ascoltatelo. Tra te e lui non c’era nessuna teca. Tra i miei appunti ho trovato questa frase che mi sono segnato mentre ero lì a guardarlo attraverso il mio triste schermo del computer e voglio riportarvela: “Ascoltare Gaber è come farsi una doccia nudo con lui. Anzi non una doccia. È come essere sotto una cascata con lui che balla come un genio.” Se avete paura a farvi la doccia con qualcuno, non ascoltate Gaber. Se non riuscite a mettere in dubbio i vostri ideali perché andreste in crisi, non ascoltatelo. Se vi fa paura scoprire che siete nel torto, non ascoltatelo. Ascoltatelo solo in un caso. Se, dentro di voi, nascosto all’ombra tra urla frenetiche e colorate, c’è un omino un po’ brutto e con il nasone che ha sempre sognato di essere semplicemente un individuo.