Gli Obiettivi del Millennio: i traguardi raggiunti e le sfide future

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di Paolo Petracca, 01/08/2014

Nel 2000 al Palazzo di Vetro di New York si è svolta l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e sono stati approvati i Development Millennium Goals. Questi obiettivi sono diventati un sistema di riferimento, uno standard riconosciuto universalmente. Per la prima volta nella storia della politica internazionale gli Stati, le organizzazioni internazionali, la società civile, il mondo accademico e le imprese hanno trovato un accordo comune su una questione così vasta e complessa. Tutti i Paesi, dai più poveri ai più ricchi, sono stati attraversati da questo fermento, possiamo considerare, quella sugli Obiettivi del Millennio, la più grande campagna di opinione mai realizzata.

La situazione è migliorata
Ma quali progressi sono stati compiuti in questi quasi 14 anni (nonostante la crisi che ne ha fortemente rallentato l’ottenimento negli ultimi 6)?
Secondo le statistiche ufficiali fornite dall’ONU mezzo miliardo di persone è uscito dalla povertà assoluta (obiettivo 1); l’iscrizione alla scuola elementare coinvolge ormai l’88% dei bambini e delle bambine, con tassi di incremento del 15% in Africa e del 11% in Asia (obiettivo 2); la Convenzione internazionale contro ogni forma di discriminazione contro le donne, ad oggi, è stata firmata in 187 Paesi e le donne parlamentari nel 2012 erano il 19,7%, con un incremento del 75% negli ultimi venti anni (obiettivo 3); 4 bambini su 5 vengono vaccinati, il totale dei bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno di malaria o altre malattie curabili è oggi di 9 milioni, mentre toccava i 12 milioni dieci anni fa (obiettivo 4); le morti delle partorienti sono diminuite del 47% ma sono ancora 287.000 le donne che muoiono ogni anno dando alla luce un figlio (obiettivo 5); grazie alla prevenzione e ai farmaci retrovirali, diminuisce anche il numero delle persone che contraggono il virus HIV e muoiono di Aids e i morti per la malaria sono diminuiti di un quarto (obiettivo 6).
Questi passi avanti sono il risultato dell’azione combinata di politiche governative, del sistema economico, dell’impegno della società civile, pur e purtroppo in assenza di un immutato e inadeguato quadro istituzionale globale.
Inoltre è opportuno sottolineare che dal 2009 la crisi ha provocato una drammatica battuta d’arresto degli stanziamenti per la cooperazione internazionale ed una diminuzione delle rimesse degli emigranti, nonché un aumento della povertà relativa (trasversale ma più acuto nel “sud del mondo”) a causa della disoccupazione e dei minori investimenti nella spesa pubblica.

Beyond 2015
In vista della verifica e della revisione degli DMGs che avverrà, secondo la Dichiarazione del Millennio, nel 2015, ed in considerazione di come il crollo della finanza ha mutato lo scenario della globalizzazione, le Nazioni Unite hanno avviato un confronto inclusivo e trasversale sulle priorità e sui temi che gli Obiettivi post-2015 dovranno contenere.
Il Segretario Generale, Ban Ki-moon, ha istituito una Task Team e nominato un High Level Panelpresieduto dal Presidente dell’Indonesia Susilo Bambang Yudhoyono, dalla Presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf e dal Primo Ministro inglese David Cameron.
Il primo Rapporto firmato dai tre premier (pubblicato lo scorso anno) affronta le questioni che il nuovo quadro di riferimento dovrebbe incorporare: il ripensamento delle relazioni tra Stati, (e di conseguenza) una necessaria governance democratica mondiale ed un sistema multilaterale ridefinito in accordo con un mondo sempre più multipolare, l’urgenza di politiche a favore dell’uguaglianza e della coesione sociale, (e di conseguenza) una nuova geografia della povertà che non può più essere considerata un problema di alcuni Paesi e questioni che finora sono state tenute sotto traccia, come la pace e la sicurezza umana, la lotta alla corruzione e l’urbanizzazione.
Infine le migrazioni e l’emergenza demografica, il cambiamento climatico e la perdita delle biodiversità, le crisi finanziarie e alimentari, la diffusione della criminalità e molti altri fenomeni trasversali non fanno che confermare la necessità di individuare un nuovo modello di sviluppo globale. “We need for a paradigm shift, a profound structural transformation. We must think differently” è scritto nel documento.

Cinque trasformazioni
Il testo individua come necessari cinque attenzioni fondamentali.
1. Leave no one behind
Non lasciare indietro nessuno. La nuova agenda deve fare in modo che nessuno rimanga indietro per la sua condizione di reddito, di genere, di disabilità, di appartenenza etnica o situazione geografica.
2. Mettere al centro lo sviluppo sostenibile (at the core)
La comunità internazionale aspira a integrare lo sviluppo economico con la dimensione ambientale, ma nessun Paese ha oggi modelli di consumo e di produzione che possono sostenere la prosperità dei propri cittadini e dell’umanità nei prossimi decenni. La nuova agenda deve delineare gli stili di vita che funzionino per tutti. Anche nei Paesi in Via di Sviluppo deve essere superato il modello per cui “Grow now, clean later”.
3. Istituzioni pubbliche controllabili dai cittadini (Transparency and accountability)
Si deve promuovere un impegno globale contro la corruzione, il riciclaggio di denaro sporco, l’evasione fiscale, la segretezza nella proprietà, il traffico illecito di armi.
4. Dar vita a una nuova partnership globalebr> Che parta da valori universali come equità, universalità, sostenibilità, solidarietà, mutuo rispetto, mutuo beneficio. Gli attori sono i governi nazionali, le autorità locali, le istituzioni internazionali, le imprese e il mondo degli affari, le organizzazioni della società civile, gli enti filantropici, l’università e il mondo della scienza, i cittadini.
5. Una finanza migliore e più stabilebr> Un sistema finanziario più stabile e trasparente che utilizzi le nuove risorse per lo sviluppo (individuate nel corso della Conferenza ONU di Monterrey).

I 12 nuovi obiettivi
È confortante sapere che i leader della Terra stiano preparando un’agenda globale dove tutti gli obiettivi siano integrati e che se realizzati faranno progredire l’umanità. Ecco i nuovi obiettivi che saranno discussi nel 2015 (anche ad EXPO, anche nel Civil society Pavillon) e che ci auguriamo accompagneranno le nostre vite e le vite dei nostri figli nei decenni a venire:
1. mettere fine alla povertà;
2. empowerment delle donne e delle ragazze;
3. educazione duratura e di qualità;
4. vita in salute;
5. sicurezza alimentare e buona alimentazione;
6. accesso universale all’acqua e ai servizi igienici;
7. energia sicura e sostenibile;
8. occupazione e crescita equa e sostenibile;
9. gestione sostenibile del patrimonio naturale;
10. buon governo e istituzioni efficienti;
11. società stabili e pacifiche;
12.creare un ambiente economico globale favorevole e catalizzare la finanza a lungo termine.

*Pezzo pubblicato sul n.4 della rivista “Progettare e dirigere”