Il delicato equilibrio delle relazioni nel lavoro di cura

Il delicato equilibrio delle relazioni nel lavoro di cura email stampa

3177
0
SHARE
Un momento dei lavori in gruppo

Il delicato equilibrio delle relazioni nel lavoro di cura è il tema del laboratorio di Acli Colf che si è tenuto lo scorso 13 maggio a Milano, condotto da Claudia Alemani dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e Raffaella Maioni, Responsabile Acli Colf Nazionali. Il laboratorio si inseriva in una serie di incontri che le Acli Colf hanno promosso su tutto il territorio nazionale, con la finalità di favorire e diffondere una piena consapevolezza dei diritti e doveri che attengono al lavoro domestico e di cura per favorire buone pratiche per un lavoro domestico e di cura dignitoso.

Il delicato tema delle relazioni nel lavoro di cura è stato oggetto di indagine nella ricerca condotta nel 2014 da Acli Colf a livello nazionale con la collaborazione di IREF, pubblicata nel 2016 con il titolo Viaggio nel lavoro di cura. Chi sono, cosa fanno e come vivono le badanti che lavorano nelle famiglie italiane.

Nella pubblicazione, Claudia Alemani, che è intervenuta al laboratorio,   delinea tre ambiti in cui si svolge il rapporto/la relazione nel lavoro di cura: il primo riguarda la relazione che lega badanti/assistenti familiari alla persona assistita, il secondo ambito riguarda la relazione che si instaura tra badanti/assistenti familiari e la famiglia della persona assistita, il terzo riguarda le relazioni tra le assistenti e altre figure professionali che possono intervenire nella cura delle persone assistite.

Dalle risposte ai questionari erogati alle partecipanti e dal lavoro di gruppo che ne è seguito, condotto e arricchito dalle riflessioni di Claudia Alemani, sono emerse alcune considerazioni sul lavoro di cura, poco conosciuto e indagato nella sua complessità e rilevanza sociale, e che vogliamo qui condividere.

Colf e Assistenti familiari sono stati fin dagli anni 2000 e lo sono tuttora, al centro di fenomeni complessi, quali i nuovi bisogni di cura della popolazione italiana e le migrazioni internazionali: nel 2002 i lavoratori domestici erano circa 250mila, nel 2016 sono circa 886mila, per l’80% donne, di cui il 60% colf e il 40% badanti.  Parliamo di un lavoro che sta nel mezzo delle contraddizioni: i flussi migratori sono fondamentali per questo paese. Parliamo di un lavoro precario, svolto soprattutto da donne: le donne nel lavoro domestico hanno avuto ruoli di “servizio”, gli uomini NO, sono autisti, maggiordomi, custodi, cuochi, ecc.

La maggior parte delle lavoratrici domestiche sono entrate in Italia in modo irregolare e solo dopo le sanatorie hanno potuto avere una posizione lavorativa regolare. Solo la categoria dei lavoratori agricoli ha superato in Italia quella delle badanti per l’alto tasso di irregolarità lavorativa. Le “badanti” vengono in Italia, lasciando le proprie famiglie nel paese di provenienza, complicando le relazioni sia con la famiglia di origine che con la famiglia italiana presso cui lavorano.  Tuttavia, nonostante le conquiste in termini di diritti e di riconoscimento sociale del fondamentale ruolo svolto da queste lavoratrici nel sostegno alle famiglie italiane, rimane un lavoro duro che spesso toglie il diritto al riposo e alla gestione dei propri tempi di vita e di lavoro, ma che in ogni caso rappresenta, un riscatto sociale, una conquista di spazi di libertà e di autonomia. Pensiamo in particolare alle donne giunte in Italia alla ricerca di un lavoro e non per ricongiungimento familiare.

La storia migratoria delle persone, segna profondamente la stessa esperienza migratoria (è nota la differenza di comportamento delle donne arabe tra quelle che sono venute spontaneamente, per prime, rispetto alle donne ricongiunte) e incide sui comportamento degli individui e delle famiglie. Nella vita dei migranti, non incide tanto l’etnia, quanto le problematiche legate ai ricongiungimenti, ai diritti negati, al modo con cui si sono conquistati la loro autonomia, gli spazi di libertà, ecc.

Legalità e orgoglio professionale sono stati portati dalle donne immigrate.
Le relazioni sono complesse non solo con l’assistito ma anche con i famigliari e connotate da ambiguità: il datore di lavoro frequentemente coincide con l’assistito, oppure è un familiare dell’assistito, così come assistito e lavoratore condividono problemi organizzativi, economici e di solitudine.  Quando si rompe la relazione viene a mancare la fiducia e la comunicazione diventa difficile, complice anche la lingua.
Quando la relazione funziona, si instaurano situazioni di reciproca comprensione e aiuto che va oltre il rapporto di lavoro, ad esempio nell’accompagnamento all’inserimento nella nuova comunità e nell’insegnamento della lingua.  La relazione da un lato è facile, poi però intervengono fattori che rendono difficile il rapporto il rapporto di lavoro; c’è una ambivalenza anche per le famiglie che a volte non hanno voglia di occuparsi oltre al fatto che mancano le risorse, situazioni queste che riguardano i lavoratori e le famiglie. Più che di famiglie però dovremo parlare di donne perché sono loro che si occupano dei famigliari; dalle donne italiane questo compito è scivolato sulle donne straniere.

 La solitudine nel lavoro di cura è una condizione che accomuna famiglie e lavoratori.
La solitudine delle lavoratrici nelle relazioni con i famigliari: spesso vengono lasciate sole nella gestione dell’assistito e con l’esterno, con medici e assistenti sociali.
Le famiglie a loro volta si sentono sole nelle scelte che riguardano il futuro dei propri cari: sentono pesantemente la mancanza di servizi, sostituiti in Italia da erogazioni di contributi monetari.

 Quali scenari per il futuro?
In Italia nel 2050, un terzo della popolazione avrà più di 65 anni e l’organizzazione attuale che prevede un anziano e un assistente familiare, non potrà più reggere. Quale sarà il modello di assistente familiare nel futuro? In futuro le persone saranno più malate perché più anziane e le pensioni non basteranno a pagare una badante e le RSA non saranno sufficienti, bisogna inventarsi altri modelli di assistenza, ad esempio: il portierato sociale per autosufficienti, la badante di condominio (2 badanti per 3/4 anziani) che consentirebbe di superare la relazione uno a uno.

 Il tema del lavoro domestico ha rilevanza mondiale: i lavoratori domestici in tutto il mondo sono circa 67milioni.

“Le Acli Colf, a livello nazionale, hanno recente richiesto e ottenuto l’affiliazione alla IDWF (Federazione Internazionale dei Lavoratori Domestici), nata per favorire la collaborazione tra associazioni a livello globale finalizzate alla promozione dei diritti dei lavoratori del settore domestico affinchè questo lavoro venga riconosciuto come un “vero lavoro” e considerato al pari di altre professioni”. 
Anche questo è futuro!