Il Presidente dell’eguaglianza

Il Presidente dell’eguaglianza email stampa

1555
0
SHARE
Il neo eletto Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante il suo discorso di insediamento in Parlamento.

di Alberto Fossati – 04/02/2015


La sua storia di cattolico democratico rappresenta una garanzia di imparzialità che farà certamente bene a questo Paese che ha bisogno di rigore, serietà e discrezione

Non poteva essere diversamente. Nel suo messaggio nel giorno del giuramento il nuovo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rimarcato il ruolo di arbitro e di garante della Costituzione che compete al Capo dello Stato:«All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole», ma i giocatori, cioè gli attori politici e sociali, «lo aiutino con la loro correttezza».
Il richiamo è dunque all’osservanza del principio di lealtà costituzionale, ma nella sua sinteticità contiene un messaggio ancora più impegnativo. I soggetti sono chiamati a concorrere a creare insieme all’arbitro – garante – le condizioni di convivenza sociale pacifica, sia pure non avulsa dal naturale e fisiologico conflitto che anima le società democratiche e libere. Il limite del conflitto e del confronto consiste nel dare applicazione alla Costituzione e a «viverla giorno per giorno».
La Costituzione è dunque la garanzia della convivenza civile ed insieme un testo programmatico con obiettivi da raggiungere.

Il Presidente pone l’accento sulla necessità di dare attuazione piena al diritto allo studio, di rendere effettivo il diritto al lavoro, di promuovere cultura, di tutelare l’ambiente ed il patrimonio culturale, di promuovere la pace, di assicurare la tutela del diritto alla salute, di reprimere le discriminazioni, di sostenere la famiglia, «risorsa della società», di garantire l’autonomia ed il pluralismo dell’informazione «presidio della democrazia», di difendere la libertà e la legalità, di combattere la corruzione.

L’elenco analitico potrebbe sembrare un esercizio di stile nella retorica tipica di un messaggio nella solennità dell’insediamento. Ma esso invece pare mettere in luce una sorta di “indirizzo programmatico” della presidenza attento alle dinamiche sociali, oltre che a quelle tipiche della dialettica tra i tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario.
Certamente il Presidente non potrà sostituirsi al Governo ed al Parlamento per il merito dei provvedimenti, salvo contestarne la costituzionalità, ma potrà esortare la politica a mettere tra le priorità dell’agenda il perseguimento in concreto di quei diritti per assicurare effettiva eguaglianza, diventata una vera e propria emergenza.
Basta scorrere i numeri in aumento drammatico della Caritas e del Banco Alimentare per comprendere quanto sia diffuso il fenomeno della povertà, dell’impoverimento del ceto medio, della mancanza di lavoro e della disoccupazione giovanile per comprendere come la nostra società, cresciuta nelle garanzie del welfare state, ha già cambiato, in peggio, la sua struttura e come il darwinismo sociale stia diventando l’unità di misura dei rapporti tra le persone e le generazioni.
Il Presidente nel porre l’accento sul bisogno di eguaglianza interpreta il bisogno di un nuovo patto sociale e di una nuova alleanza tra la libertà e lo Stato. Certo, al di là del merito, le riforme elettorali e costituzionali all’esame del Parlamento non brillano per nitore di linguaggio, chiarezza di testo e necessitano di una rigorosa revisione. In questa opera il ruolo del Presidente sarà deciso, come lo sarà, se il quadro politico oggi abbastanza definito, dovesse involvere verso una situazione magmatica ed incerta.

Infine un’annotazione sulla provenienza culturale e politica del Presidente.
I mass media ne hanno sottolineato l’impronta cattolico-democratica ed il suo provenire dalla Democrazia Cristiana, hanno anche sottolineato che si tratta di un cattolico sul Colle, non è il primo e non sarà l’ultimo. La nobile ed alta tradizione dei cattolici democratici viene da taluni ricondotta e svilita al giudizio di catto-comunismo. Questa tradizione e cultura invece affonda le sue radici nel popolarismo sturziano, nel senso dello Stato di De Gasperi, nella capacità di ascolto moroteo, nel dinamismo concreto del lombardo e milanese Marcora.
Essere cattolici democratici vuol dire avere piena consapevolezza della laicità della politica e dello stato, vuol dire sapere che la persona è anteriore allo stato e da questo va garantita e promossa, vuol dire affermare l’autonomia della società ed il suo pluralismo.
Avere un Presidente che viene da questa storia, significa avere una figura di garanzia e di imparzialità che farà certamente bene a questo Paese che ha bisogno di rigore, serietà e discrezione.