Il valore del volontariato oggi

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Gli ultimi dati Istat raccontano che in Italia l’esercito dei volontari supera i sei milioni

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Il filosofo francese Patrick Viveret ha scritto che i volontari non sono “consumatori di ricchezza economica”, ma produttori di “ricchezza sociale”, ed il sociologo Aldo Bonomi li ha definiti “elementi base della coesione sociale”, precondizione questa dello sviluppo.

A conferma dell’importanza strategica del Volontariato nelle Acli la Presidenza ha confermato la decisione di portare questo tema nelle tesi congressuali. Si dovrà discutere di come e con  quale volontariato sostenere il sistema aclista, in vista dei frenetici cambiamenti sociali che pongono nuovi compiti per i servizi ed i circoli e richiedono persone sempre più preparate, anche nelle capacità di relazione.

Gli ultimi dati ISTAT raccontano che in Italia l’esercito dei volontari supera i sei milioni (il 13,2% della popolazione, tantissimi, ma ancora lontani dai numeri di paesi omologhi, quali il Regno Unito, dove raggiungono il 27% della popolazione).

Dal punto di vista sociale varie analisi segnalano come vi sia sempre di più una predisposizione di persone economicamente e culturalmente solide ad offrirsi come volontari. E viene confermata l’equazione “fare volontariato uguale maggior benessere dei volontari”. In presenza di un futuro pronosticato difficile, che può sintetizzarsi nella formula “ più bisogni, meno risorse” le ACLI hanno le carte in regola per interpretare un ruolo di sussidiarietà autonomo, creativo ed innovativo. Avremo sempre più bisogno di volontari, e anche di Formazione continua, affinché gli stessi possano rispondere sempre meglio alla società complessa del futuro. Così si discuterà, in sede congressuale,  anche delle  forme organizzative dei volontari.

Sul volontariato una tesi molto suggestiva arriva anche dalla sociologa Rosangela Lodigiani dell’Università Cattolica, che in un saggio, a fronte di un futuro in cui ci sono alte probabilità di scarso lavoro (e di cattivo lavoro) propone, riferendosi anche a precedenti teorici e a sperimentazioni in corso, di superare il concetto riduzionista del lavoro riferito al solo mercato, ma di considerare “lavoro” anche quello di cura dei familiari, il volontariato, ed altre forme di prestazioni che siano finalizzate al bene comune. Questo per consentire a giovani e lavoratori che, tra un lavoro saltuario ed un altro sono impegnati in queste attività, di avere accesso a diritti sociali, altrimenti destinati ai soli lavoratori del “mercato”. In Francia una sperimentazione concreta è in atto con l’obbiettivo di arrivare ad un “conto sociale universale” che consenta di accumulare punti e diritti per chi fa attività non remunerate, ma a favore della collettività. Tempi di novità e materia di riflessioni, anche per il Volontariato.