Il valore sociale dello sport

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Il rispetto delle regole sia uno dei valori fondanti dello sport, senza il quale non potrebbero sussistere le altre norme che da esso discendono

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Foto di annca da Pixabay

Lo sport consiste nel delegare al corpo alcune delle più elevate virtù dell’animo”. Così il celebre scrittore e commediografo francese, Jean Giraudoux, vissuto a cavallo fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, definisce l’essenza dello sport. Il corpo diventa il veicolo di apprendimento privilegiato dei valori sociali introiettati da ciascun individuo. L’assolvimento di tali principi in forma ludica consente ad ognuno di personalizzarli e declinarli soggettivamente nella maniera che ritiene più opportuna. Lo sport è, perciò, un ausilio fondamentale nella strutturazione di una gerarchia morale individuale, nonché collettiva, per via della propria indole essenzialmente giocosa. Ad ogni modo questa sua caratura ludica deve necessariamente essere disciplinata da un impianto normativo solido, affinché sia evidente il fine che persegue e conseguibile, dunque, attraverso gli strumenti riconosciuti e consentiti dalle regole. Se un tennista, ad esempio, non disponesse di regole chiare che prescrivono determinati comportamenti quali colpire la pallina con la racchetta con un solo rimbalzo, indirizzare la pallina sopra la rete e all’interno del campo avversario delimitato dalle linee bianche disposte per terra e così via, l’attività verrebbe privata del suo intento e relegata a sollazzo frivolo. Da qui si evince come il rispetto delle regole sia uno dei valori fondanti dello sport, senza il quale non potrebbero sussistere le altre norme che da esso discendono: ergo lo sport rappresenta la perfetta sintesi della libertà, poiché prevede dei limiti entro i quali è possibile esprimere il proprio arbitrio e la propria autonomia, rispettando allo stesso tempo l’indipendenza degli altri. Data la coesistenza e la sinergia degli individui all’interno di questi limiti imposti dalle direttive comportamentali, sorge l’investitura dello sport come “collante sociale”. Ma cosa si intende in ambito sportivo e che ruolo ricopre questa investitura nell’ottica collettiva? La locuzione “collante sociale” sottolinea come il ruolo di ognuno sia funzionale all’assemblamento di una realtà collettiva prospera a prescindere dalle proprie caratteristiche ascritte e acquisite: presuppone l’annullamento momentaneo di qualsiasi peculiarità fisica e ideologica della persona, al fine di restituirne una versione genuina dove le uniche qualità che contano per davvero sono il rispetto reciproco e la passione per il gioco praticato. A livello sociale questo si traduce nell’abbattimento delle barriere culturali a fronte di un coinvolgimento inclusivo degli attori coinvolti: tra tutti i valori dello sport, questo è quello che più d’ogni altro, senza dubbio, lo contraddistinguono e lo nobilitano, una specie di garante delle virtù sociali più elevate. Avere la consapevolezza di poter attingere da un simile baluardo valoriale in un’epoca costernata dai falsi idoli, dalla gratificazione istantanea e dall’indifferenza massificata, consente di rigenerare e reintegrare costantemente il proprio repertorio etico. Se è vero che da un lato la società contemporanea offre un prontuario di pseudo valori a consumo immediato, spesso e volentieri rivolti alle caratteristiche fisiche che una persona dovrebbe possedere, dall’altro lato lo sport ci ricorda come non sia necessario essere appariscenti per poter eccellere: l’appariscenza non frutta dei punti di vantaggio sugli altri, ma si parte sempre e solo da zero come tutti. Credo che la citazione di Friedrich Schiller, noto poeta teutonico del XVIII secolo, sia il sunto perfetto di questa mia breve riflessione: “l’uomo è interamente uomo soltanto quando gioca”.