In memoria di Giovanni Bianchi

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“Mi chiamo Giovanni Bianchi…un nome anonimo !” Così si presentava Giovanni ai partecipanti ai corsi di formazione politica, che egli stesso coordinava, agli inizi degli anni ’70, nella Casa alpina delle Acli in Valformazza. Quella presentazione suscitava un lieve umorismo tra i corsisti, compresi coloro che avendo già avuto occasione di conoscere Giovanni trovavano conferma, in quelle parole, della sua umiltà.

Penso che Giovanni abbia appreso l’umiltà dall’educazione familiare, ma credo che l’abbia consolidata nel suo porsi in ricerca permanente, consapevole di non avere mai raggiunto la pienezza del sapere e del donare. Da quella umiltà derivava il tratto della sua umanità, così apprezzata dai collaboratori che lo hanno accompagnato nel corso della sua vita pubblica, nelle Acli e in altri ambienti. Ricordo che quando entrava nel “Palazzo” di via Marcora, sede nazionale delle Acli, era lui a tendere la mano al portiere in segno di saluto, a differenza di altri che a stento, talvolta, mormoravano un “buongiorno”. Con quel saluto Giovanni faceva sentire importante chi ricopriva un ruolo umile, eppur necessario. Allo stesso modo nell’avvicinarsi ad una porta, lui, Presidente, cedeva regolarmente il passo a chi gli camminava al fianco o gli capitava di incontrare sotto l’arco della porta.

A questi atti formali se ne accompagnavano altri sostanziali che davano concretezza all’intesa spirituale con padre Pio Parisi (assistente delle Acli all’epoca della presidenza Bianchi) che aveva condensato buona parte delle sue proposte agli aclisti nella seguente frase evangelica: “Ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli”. Da quell’intesa spirituale nacquero gli incontri settembrini di Urbino, agli inizi degli anni ’90, dedicati ai “Cammini di minorità”.

Da persona umile qual era, Giovanni si relazionava più strettamente con persone altrettanto ricche di umiltà, ma anche di sapienza, e in particolare con Pino Trotta, a lungo suo interlocutore nella ricerca politica e spirituale. Si trattava di un’ampia ricerca, che spaziava su molti temi. Tra questi ne vorrei ricordare in particolare due che hanno aiutato non poche persone ad “aprire gli occhi”: l’ebraismo e la pietà.

L’ebraismo, che ha portato a far conoscere nelle Acli la dimensione spirituale della fede di un popolo, superando schemi e pregiudizi nei confronti di donne e uomini che Giovanni Paolo II avrebbe definito “i nostri fratelli maggiori”.

La “pietà”, nella riproposizione del pensiero di don Giuseppe De Luca, mediante la rivista di spiritualità e politica “Bailamme”, alla quale collaborarono Edoardo Benvenuto, Romana Guarnieri, Mario Tronti, e altri.

Si è trattato di un’iniziativa editoriale preceduta e seguita da altre iniziative, editoriali e non, che hanno caratterizzato l’intensa vita pubblica di Giovanni Bianchi, da molti definito Maestro e Padre: Maestro nell’esempio di vita e di preghiera e Padre educatore di pensiero, laicamente impegnato a incarnare la sua fede cristiana nel vivere la politica come “forma più alta della carità”, secondo la suggestiva espressione di Paolo VI.

Il ringraziamento che le Acli tributano a Giovanni Bianchi nel giorno dei suoi funerali

Giovanni Bianchi: un compagno, un leader, un maestro e un grande amico

Bianchi: “pensare politicamente è il primo modo di pensare”

Un testimone luminoso e coerente al servizio della democrazia, della chiesa e del movimento operaio