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INTERVISTA a Paolo Petracca: “E’ il tempo di passare per la porta stretta” email stampa

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Dal 5 settembre è in carica il II governo Conte, il sessantaseiesimo della storia repubblicana. E’ stata un’estate complicata, conflittuale, sfociata in una crisi prima annunciata, poi incerta e infine conclamata con le dimissioni del capo dell’esecutivo. E mentre all’orizzonte sembrava potesse esserci lo scioglimento delle Camere, tortuosi negoziati, sostenuti dal Quirinale, hanno dato vita ad una maggioranza inimmaginabile fino a poco tempo prima.

Un’ estate atipica, quella appena passata. Da un governo a guida Movimento 5 stelle-Lega ad un esecutivo Movimento 5 stelle- Partito Democratico. In pochissimo tempo un cambio radicale per il nostro Paese.
Se ci avessero detto ai primi di agosto che nel giro di due mesi avremmo avuto una maggioranza composta da quattro partiti orientata nel centro sinistra, che Gentiloni sarebbe stato il commissario europeo indicato dall’Italia  e che l’ultimo regalo di Mario Draghi all’Europa sarebbe stata l’ennesima politica monetaria espansiva volta ad alleviare il peso delle diseguaglianze, nessuno di noi ci avrebbe creduto. A volte la realtà può superare la fantasia.

Che valutazione dare al nuovo governo?
Penso che il percorso del nuovo governo sia sostanzialmente un campo minato, perché il quadro politico- ed è un po’ la debolezza del Paese – è continuamente sottoposto ad uno sciame sismico. Una delle fragilità più forti del sistema Italia infatti, oltre al tema della criminalità organizzata, è da sempre la debolezza del sistema politico. A questo riguardo credo che si sia persa un’occasione storica un paio di anni fa, che per molti anni non si ripresenterà: l’occasione  di una riforma costituzionale  che potesse aiutare una maggiore stabilità. Certamente la riforma allora proposta aveva delle lacune, ma come Acli ritenevamo comunque fosse un passo in avanti decisivo, mentre ora ci ritroviamo ancora in una situazione con scenari complicati.

Parlo di campo minato per il cammino del governo dato non solo dalla fragilità del quadro, ma anche dalle mosse degli attori. Il fatto di avere un governo quadripartito con dei potenziali e probabili conflitti interni non lascia ben sperare. Il Paese avrebbe assolutamente bisogno di un governo stabile, in grado di fare misure importanti per i ceti medi e popolari impoveriti, poiché è in quelle misure la chiave di volta che ha permesso lo sviluppo delle società occidentali nel dopoguerra (come ha spiegato alle Acli Massimo Cacciari nel convegno di studi) . L’Italia avrebbe bisogno quindi di un governo che abbia il tempo di lavorare,  perché le riforme hanno bisogno di tempo per essere preparate e di tempo per essere assimilate. Durante una conversazione recente a margine del Convegno di studi delle Acli nazionali a Bologna, Romani Prodi affermava proprio questa necessità usando una similitudine: le riforme sono come i grandi lavori stradali per migliorare la viabilità: quando vengono annunciati provocano proteste, ma dopo qualche anno dalla realizzazione ottengono il plauso di tutti. Per Prodi è inoltre necessaria e non rinviabile una drastica politica di riduzione dell’evasione fiscale. Se ne parla molto ma non è mai fatta. Oggi gli strumenti ci sono tutti, ma per riuscire a metterla in campo ci vogliono tutti i tre i anni della legislatura. Se però il governo non si pone obiettive così importanti, rischia di naufragare in breve tempo nei litigi dei partiti e nei personalismi. E’ una sfida…

Cosa è cambiato dal marzo del 2018 per  ipotizzare un’alleanza credibile stabile e feconda tra Pd e Movimento 5 stelle?
“Ogni cosa può durare o meno a seconda di come viene fatta” affermava sempre ad agosto Prodi in una intervista.  Ecco mi preoccupa il come è stata fatta questa alleanza, ma è vero anche che per governare bisogna ragionare sugli spazi esistenti, sui vincoli di realtà. Oggi, come nel futuro, se anche il Movimento 5 stelle si svuotasse dei voti di elettori del centro destra (come è accaduto alle Europee), rimarrebbe il depositario di tutti i voti della sinistra radicale, che esistevano in uno scenario politico precedente. Questo non può non essere tenuto in conto strategicamente.
Roberto Biorcio e Paolo Natale, che hanno pubblicato uno studio sulla nascita e consolidamento del il Movimento 5 stelle, ritengono che a determinate condizioni, soprattutto alla prova del governo e nel venir meno dei leader carismatici fondatori, è possibile, augurabile e va incentivato una evoluzione del Movimento 5 stelle più verso un percorso simile a quello che hanno avuto i Grünen in Germania piuttosto che verso un partito dell’uomo qualunque di Giannini. Paradossalmente credo si debba scommettere su una loro evoluzione accompagnandola, non pensando di essere più bravi  degli altri ma provando ad interloquire. Se poi il premier Conte diventasse il leader del Movimento, rappresenterebbe un segnale incoraggiante.

Il cammino dell’esecutivo è e rimane un attraversamento di un campo minato. Bisogna arrivare alla fine dei prossimi tre anni cercando di alzare lo sguardo e l’asticella, di passare per la porta stretta, puntando sulle risorse migliori. Penso che tutto quello che è accaduto in questi mesi fosse una scelta obbligata e rischiosissima. Se nel giro di pochi mesi questo esperimento di governo dovesse fallire il populismo di destra, senza bisogno di alcun apporto moderato, arriverebbe tranquillamente al governo del Paese.

La scelta di Renzi, di dar vita a Italia Viva, a chi si rivolge? a quale parte di elettorato guarda?
Secondo me chi oggi sceglie di far nascere una nuova forza politica scommette sulla vita lunga del governo. E noi abbiamo bisogno che questo governo duri. In qualche modo la scelta di Renzi rappresenta un incentivo alla durata del governo.
Trovo però che far nascere una formazione politica oggi purtroppo vuol dire scommettere su un cambio del sistema elettorale più di tipo tedesco più che francese, cioè più proporzionale, sebbene con uno sbarramento. Mi lascia perplesso  anche il  fatto che certamente si può smettere di credere nel disegno originario del Pd, cioè quello mettere insieme le forze  riformiste, ma personalmente faccio fatica a comprendere che questa scelta venga da persone che sono state tra i responsabili di quel progetto politico.
A quale elettorato poi la nuova formazione politica si rivolga è difficile dirlo. La palla viene buttata tra tre anni sperando che la situazione sia mutata. Per come nasce Italia viva, il nuovo partito guarda alle parti moderate di Forza Italia, che vivono la Lega di Salvini come un pericolo e alle parti moderate del Pd che hanno paura di una svolta più a sinistra. La mia impressione è che vi sia comunque poco spazio per un  partito personalista e leaderista, come sembra ora Italia viva. Credo anche, come già detto da altri che ci sia una lettura psicologica da dare alla scelta di Renzi, ma quando prevale la psicologia sulla razionalità politica è sempre un segnale di crisi. Lo vedo nel sistema politico italiano, ma lo vedo anche  in tanti corpi intermedi, anche all’interno di un movimento come le Acli.