La creatività sociale ed economica nasce dal protagonismo dei cittadini

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Gli ultimi dati Istat disponibili ci dicono che nella città metropolitana milanese il terzo settore occupa 61.000 persone e può contare su 241.000 volontari mentre le organizzazioni presenti sono oltre 12.300.

Questo “pezzo di società” impatta ed è parte (anche e soprattutto) del particolare “paesaggio” del welfare ambrosiano stratificato nei secoli. Un “edificio”, un profilo, iniziato e costantemente rinnovato dalla chiesa ambrosiana, con le sue vecchie e nuove opere; arricchito dalle opere sociali frutto del mutualismo operaio di diversa estrazione ancora presenti e foriere di nuovi frutti, da quella borghesia illuminata che ha maturato una propria vocazione filantropica, e poi dal salutare avvento del sistema pubblico municipale, avanguardia nel paese e di livello europeo (con il suo livello di spesa conservato), dall’associazionismo, dal volontariato, dalla cooperazione sociale, dalle fondazioni (ed in particolare quelle bancarie), da alcune innovazioni di partnership con il profit, dal “risarcimento” che il Governo, dopo la chiusura dell’authority, intende fare attraverso la creazione di una nuova struttura nazionale (ancora tutta da scoprire), prevista dalla recente legge di riforma, ed infine dalla solidarietà “informale”, fatta di gesti gratuiti di mutualità, di sostegno, di generosità tra le persone e le famiglie, che rende onore al principio di fraternità senza clamore e con autentico spirito umanitario.

Oggi ho l’onore e l’onere di parlare a nome della parte organizzata in forma nonprofit di questo mondo variegato e complesso e oggettivamente difficilmente rappresentabile se non nella sua espressa volontà di sentirsi società civile sempre e comunque, perché ancora capace di sentirsi parte di quel Welfare Ambrosiano che ci identifica e inorgoglisce ancora oggi.
Consapevole di questo proverò ad esporre alcune considerazioni ed avanzare alcune proposte.

Iniziamo dal contesto e lo facciamo con poche lapidarie sentenze di qualcuno che verrà presto a trovarci.
Ne “la gioia della buona notizia”, l’Evangelii gaudium, che per espressa volontà di Bergoglio costituisce il testo da cui scaturisce la visita che effettuerà a Milano il prossimo 25 marzo, Francesco scrive: «Non possiamo dimenticare che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo vivono una quotidiana precarietà, il timore e la disperazione si impadroniscono del cuore di numerose persone, persino nei cosiddetti paesi ricchi. La gioia di vivere frequentemente si spegne, crescono la mancanza di rispetto e la violenza, l’iniquità diventa sempre più evidente. Bisogna lottare per vivere e, spesso, per vivere con poca dignità. […] Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della iniquità non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’iniquità è la radice dei mali sociali».
Se questo è vero, come è vero, quali le risposte che, per parte nostra, mettiamo in campo per rendere più efficace quel virtuoso “paesaggio” descritto poco fa?

Nel Patto per Milano del 13 settembre 2016, in materia di lotta alle disuguaglianze sul nostro territorio e per quanto di competenza dell’ente locale, al capitolo 3 su welfare e cura della persona, si legge tra l’altro:

Gli interventi strategici […] sono […]incrementare:
[…] gli interventi sulla grave emarginazione
[…] l’accoglienza dei profughi
[…] le misure di sostegno al reddito – In aggiunta alle misure nazionali
[…] l’offerta dei servizi a soggetti solitamente esclusi dall’erogazione di interventi in regime di gratuità […]

Per il raggiungimento degli obiettivi sono considerate strategiche le seguenti azioni:
[…] centralità della relazione con il Terzo Settore, con un ruolo nazionale per la Città di Milano.
Ed ancora: “E’ prevista cabina di regia comune con il Terzo Settore”.

Nel piano “Fare Milano” del 12 dicembre 2016, che abbiamo potuto discutere (anche noi) alla presenza del sindaco, sul tavolo dello sviluppo (che correttamente include tra gli attori il nonprofit) il 13 gennaio scorso oltre al welfare si è opportunamente insistito sul tema, “ossessione del primo cittadino”, da noi, cittadini attivi di quei territori, totalmente condivisa, delle periferie e di un imponente investimento di 356 milioni di euro nei prossimi anni.
Concordiamo: è partendo dalle periferie che si affrontano temi come la coesione sociale, la lotta alla povertà e l’integrazione. Esse sono gli autentici incubatori sociali sia dei problemi e sia delle soluzioni.
In ciò che ci hanno detto poco fa l’assessore ed il sindaco gli obiettivi, sia su welfare che sulle periferie, sono state meglio puntualizzate le metodologie ma, su come migliorare la collaborazione tra istituzioni e terzo settore richiede, a nostro avviso, un ulteriore salto di qualità.

Elisabetta Soglio sul Corriere di domenica scorsa, annunciando l’inizio di questo sesto forum, scriveva: “l’incontro fra pubblico e privato (sociale) è possibile a due condizioni: la prima è che le istituzioni smettano di considerare il Terzo settore come una stampella o, peggio, una giustificazione per poter fare meno. (E questo non è il caso del Comune di Milano, che ha effettuato in un contesto difficile non tagli ma aumento della spesa).
La seconda è che Comune e Regione coinvolgano chi fa welfare nel processo decisionale: sono loro, in fondo, ad avere più chiaro il polso della situazione”.
Lasciando stare la Regione… su questo occorre fare dei passi in avanti. Occorre condividere obiettivi e strategie già in sede di programmazione degli interventi, portando il dialogo dalla semplice consultazione alla coprogettazione, chiedendo ad ognuno di fare la propria parte nel rispetto dei diversi ruoli e nella convinzione che senza un forte patto fiduciario tra Istituzione e Terzo Settore diventa impossibile, per entrambi, raggiungere risultati positivi per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini milanesi.
L’esperienza di questi anni ci ha lasciato dei tavoli tematici di confronto con le istituzioni che possiamo far funzionare meglio, e con più continuità e con maggiore attenzione agli obiettivi da raggiungere.
Una coprogettazione complessiva ed intersettoriale prevista da un protocollo, DA RINNOVARE, che dovremmo realmente riuscire a fare e che fatichiamo a realizzare, con responsabilità equamente condivise.
Occorre quella cabina di regia evocata anche nel Patto per Milano ed occorrono, soprattutto riguardo alla periferie, nuovi investimenti (monetari, ma anche di capitale sociale messo in comune) su quello che qualcuno ha chiamato, in un modo che a noi non piace, “software”.
Siamo perfettamente consapevoli che negli altri Stati europei a cui guardiamo come riferimenti questo tipo di investimenti sulle aree potenzialmente esplosive sono perseguiti con importati piani di welfare nazionali. Ma a noi in questo Paese abbiamo l’impressione che ci toccherà fare di necessità virtù, contando principalmente sulle nostre forze.

Investire sui processi di partecipazione e di formazione identitaria dei cittadini, di coesione ed inclusione sociale ad esempio sulla città metropolitana ed in particolare sulle periferie, serve a nostro avviso davvero tanto, vanno benissimo la rigenerazione urbana, le soluzioni abitative, le infrastrutture, le nuove opportunità economiche e produttive. Servono le case, le scuole, i trasporti, i servizi ed i sussidi alle persone vulnerabili e vulnerate e le start-up ma serve anche la cura delle relazioni, la promozione del protagonismo dei cittadini, le alleanze territoriali tra corpi intermedi e istituzioni, reti efficaci che liberino energie, che trasformino la rabbia e la paura in creatività sociale ed economica.
Questo lo diciamo perché siamo consapevoli dei nostri limiti e della nostra fragilità ma anche della nostra forza (che ci ha consentito ad esempio, citando una dimostrazione della nostra capacità di fare rete, di mettere insieme una esperienza come il padiglione della società civile di Expo e di pensare guardando al futuro al Parco scientifico, tecnologico e sociale in cui il nonprofit dovrà avere un ruolo), abbiamo una soggettività che è maturata negli anni di scarso dialogo con le giunte di destra ed abbiamo un’agenda, essenziale ma comune.

Il 3 di settembre 2016 e il prossimo 1°marzo 2017 abbiamo scelto di mettere al centro il tema dei migranti, il 5 novembre 2016 e il 29 marzo 2017 la lotta alla povertà educativa ed i minori, il 30 maggio ad un anno dalla presentazione della nostra “città dei desideri”: la coprogettazione nelle periferie delle grandi aree urbane in Europa. Tutto in dialogo ed in collaborazione con un’istituzione attenta come il Comune ma per nostra iniziativa. Volentieri siamo qui oggi e volentieri le nostre esperienze partecipano ai dibattiti di questi giorni.
Sentiamo tuttavia la necessità di fare di più e meglio, di rimetterci in discussione, siamo pronti e disponibili ad aumentare il nostro impegno e a coprogettare insieme per cambiarci, cambiare insieme e cambiare in meglio la nostra città, partecipando ad un cambiamento culturale, di cui tutti sentiamo la necessità.
Non per inventare un nuovo aggettivo al welfare, come vuole la moda del nostro settore, ma per ragionare davvero su un cambiamento che è alla portata di Milano e della nostra area metropolitana perché ci sono le condizioni per fare, per il grosso lavoro e l’impegno dei lavoratori e dei responsabili del sistema pubblico così come del nostro.
Lo dobbiamo a chi ha scelto questo lavoro/impegno per passione e per vocazione e lo dobbiamo soprattutto ai cittadini di Milano a partire dagli esclusi e dagli ultimi che insieme sapremo coinvolgere perché sono persone e, come tutti, meritano riscatto.

6° Forum delle Politiche Sociali del Comune di Milano
Costruiamo una piazza che non resti un evento isolato