La direzione giusta da intraprendere insieme

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L’apertura del 7° Forum delle Politiche sociali, in programma a Milano dal 22 al 27 marzo, voluto dall’Assessorato del Comune di Milano, si è aperto con un momento di verifica e di indirizzo, di bilanci e di proposte di lavoro. A Paolo Petracca, presidente delle Acli e portavoce del forum del Terzo settore il compito di presentare alcuni elementi di analisi e prospettiva a partire dall’esistente.

Di seguito il suo intervento

UNA DIREZIONE GIUSTA E CONTROVENTO, DA INTRAPRENDERE INSIEME
“Mentre il profilo delle nostre società è stato profondamente modificato dall’impatto della tecnologia, della finanza e della globalizzazione, ci siamo dimenticati dell’uguaglianza. Ma senza uguaglianza le crepe nella coesione sociale alimentano i populismi, mettendo a rischio la stabilità democratica”. Questa affermazione di Romano Prodi (contenuta nel suo ultimo libro “Il piano inclinato”) ci porta dritto al cuore del nostro lavoro e del nostro strenuo ed incessante impegno di questi giorni e di questi anni. Questa affermazione è (e sarà) la stella polare dell’alleanza tra istituzioni locali e società civile, che a Milano stiamo mettendo in atto.

Se partiamo tuttavia dagli aspetti esclusivamente monetari dobbiamo riconoscere che nonostante i diversi interventi messi in campo in materia di sostegno al reddito dal Governo, dalla Regione, dalle ultime due Amministrazioni comunali e dalla società civile, le statistiche disponibili ci dicono che tra il 2008 ed il 2016 a Milano sono aumentate le diseguaglianze economiche. Infatti la forbice tra i cittadini più abbienti e quelli meno abbienti si è allargata del 5,7% (a fronte del 4,3% nella totalità delle province italiane)[1] mentre l’indice di disagio sociale[2] è praticamente allineato alla media nazionale (180,0 a fronte di 181,6), ma con un punteggio comunque più alto rispetto ad altre realtà provinciali del nord-ovest e del nord-est.

Tale tendenza è apparentemente di difficile interpretazione se si tiene conto che la rete pubblica di protezione sociale nella nostra città è assai più estesa che in ogni altra metropoli e che le risorse economiche erogate dal Comune di Milano per minori, anziani e indigenti ammontano a ben più del doppio della media nazionale.

PROTAGONISTI DI UN’ALLEANZA VIRTUOSA
Sarebbe in ogni caso limitativo concentrare l’analisi solo sulle questioni reddituali, anche se queste sono e rimangono cruciali e non solo per i poveri assoluti e relativi ma anche per i ceti medi sempre meno abbienti, soprattutto se confrontati con quelli delle altre grandi aree urbane europee, con le quali competiamo e cooperiamo.

il particolare profilo del welfare ambrosiano ci induce ad osservare la situazione in modo più complesso e più completo. Oltre ad un attore pubblico istituzionale che (come hanno anche osservato prestigiosi studiosi internazionali) sta realizzando “tentativi di governo collaborativo, in cui l’amministrazione persegue intenzionalmente la costruzione di luoghi in cui ascoltare e collaborare alla produzione di politiche pubbliche inclusive[3]” – in altre parole, sia Pisapia sia Sala, hanno puntato decisamente sul dialogo sociale e sulla ricomposizione del patto di cittadinanza tra i diversi strati sociali e i diversi territori della città – vi sono altri attori che danno un contributo significativo allo sviluppo della comunità a livello locale generando servizi appropriati e relazioni “buone”.

In primo luogo – e lo affermo con orgoglio – il poliedrico mondo del terzo settore (associazionismo, volontariato, cooperazione e economia sociale, ecc.), da sempre in prima fila quando diventa necessario (e urgente) offrire risposte risolutive ai gruppi sociali più svantaggiati, anticipando istanze che non trovano ascolto (almeno in principio) presso gli interlocutori politici ed istituzionali, presenti sul territorio.

Dai dati del Censimento sulle Istituzioni Non profit dell’Istat risulta che vi erano 12.265 enti del privato sociale attivi nell’area metropolitana di Milano al termine del 2011 (3,8 ogni mille abitanti). Questo fitto tessuto di soggetti collettivi è l’infrastruttura che alimenta una società civile vivace e partecipativa come quella milanese. Non tutti gli enti non lucrativi erogano tuttavia servizi e prestazioni che concorrono alla costruzione del welfare mix o, se si vuole, della welfare community. Se si restringe il campo alle organizzazioni più attive nello sviluppo di questo modello virtuoso di prossimità sociale si ha un quadro abbastanza preciso di quale sia il nocciolo duro delle realtà del terzo settore che operano a stretto contatto con le istituzioni comunali e metropolitane, fornendo un apporto decisivo per attuare le politiche sociali.

Nel 2015, nella sola città, erano 1.221 le organizzazioni del terzo settore iscritte agli albi regionali e provinciali (o meglio metropolitani), con un peso quantitativo ben distribuito tra il volontariato (483 unità), l’associazionismo di promozione sociale (310) e le cooperative di solidarietà e di inserimento lavorativo dei soggetti sfavoriti (277), affiancate da una cospicua minoranza di associazioni di solidarietà familiare (151). È interessante soffermarsi sulla tendenza di crescita che ha interessato questo segmento alquanto strutturato del privato sociale (peraltro ricchissimo anche di realtà informali che sfuggono alla rilevazione dei registri): nel quinquennio 2010-2015 gli enti accreditati negli albi pubblici sono aumentati del 19,7%; a questa dinamica ha concorso soprattutto l’associazionismo di promozione sociale, più che raddoppiato tra i due periodi. Si ha in tal senso una riprova del ruolo anticiclico svolto dal terzo settore: è proprio nei momenti in cui i fallimenti del mercato diventano più visibili (e socialmente insostenibili) che il mondo della solidarietà organizzata prende quota. Sempre tra gli enti di terzo settore vanno poi menzionati i cosiddetti sistemi complessi e radicati. Tra questi alcune storiche reti novecentesche (cattoliche e laiche) assumono nel panorama ambrosiano un profilo di grande rilevanza, che non trova eguali nelle altre grandi aree urbane nazionali.

Infine non va dimenticato che il terzo settore è un contributore del sistema di welfare poiché tra quote associative, fund raising, 5 per mille (di cui gli enti milanesi sono al primo posto per raccolta in Italia), investimenti delle reti sociali buona parte del bilancio delle strutture ETS è autofinanziato. Il secondo pilastro su cui si regge il welfare milanese è il sistema della filantropia. Oltre alle diverse fondazioni di origine bancaria (fra cui spicca indubitabilmente F. Cariplo) vi sono quelle “d’impresa” e molte altre operanti sul territorio a natura pubblico-privata come la Fondazione Welfare Ambrosiano. Questo secondo pilastro immette nel sistema risorse ingentissime, non paragonabili per quantità e qualità a nessun’altra realtà italiana ed europea e che si traducono in ultima analisi anche e soprattutto in servizi di welfare e di prossimità.

Il terzo pilastro sono i programmi di welfare aziendale in costante crescita, anche grazie alle recenti agevolazioni ed incentivazioni normative, che sempre più offrono quasi esclusivamente servizi.

L’ultima componente del paesaggio del welfare ambrosiano sta oggettivamente nelle attività sociali realizzate direttamente dalla realtà ecclesiale: accanto alla fondamentale opera di assistenza e di consulenza prestata attraverso la Caritas Ambrosiana ad un numero ragguardevole di persone in stato di povertà la diocesi ha sviluppato una rete articolata di oratori estivi (con record di volontariato giovanile) che sono arrivati a sostituire in molti casi i servizi pubblici in questo settore.

IL PROFILO UNICO DEL WELFARE AMBROSIANO E LE DINAMICHE STRUTTURALI DA AFFRONTARE
Tutti questi fattori contribuiscono a migliorare, non in termini monetari ma sostanziali, la qualità della vita dei ceti popolari e dei cedi medi impoveriti. Tutti i protagonisti dialogano e collaborano in questa bella stagione di Milano. E ciò è un valore ed ha un valore senza prezzo che va custodito con cura, attenzione, come una delle nostre cose più preziose.

La questione della coesione sociale rimane all’ordine del giorno anche in un territorio dinamico e ricco di opportunità come quello di Milano ma con la consapevolezza che l’alleanza virtuosa, sin qui descritta, contribuisce (ciascuno per la propria parte) a creare un welfare dotato di strutture e fondi adeguati, sostenuto oltre che dall’attore pubblico dal terzo settore, dalla filantropia, dalle imprese e da un mondo cattolico presente ed attivo, portando la marginalità sociale ad essere contenuta, anche dopo un periodo di crisi come quello appena trascorso. Ciò non deve tuttavia farci allentare la tensione. Infatti occorre prendere atto che tra il 2003 ed il 2015 gli ultrasettantacinquenni sono aumentati del 30%, che ancor più cospicuo è stato l’incremento delle famiglie monogenitoriali con almeno un figlio a carico (+53%) e che le famiglie straniere nell’arco di tredici anni si sono più che raddoppiate (232%). Ciò aumenta quindi la nostra consapevolezza sul fatto che ad una popolazione con queste caratteristiche dobbiamo (e dovremo) dare risposte e che la combinazione di questi fenomeni altera gli equilibri consolidati, mettendo alla prova la capacità di resilienza del nostro welfare. Consci di queste sfide e di queste risorse affrontiamo queste giornate di lavoro e di riflessione ma anche i prossimi mesi ed anni di impegno. E lo facciamo come abbiamo imparato a farlo a Milano.

UN ANNO DI CAMMINO COMUNE: LA SFIDA DEL PIANO DI SVILUPPO DEL WELFARE
Lo scorso anno da questo palco lanciavamo la sfida di alzare l’asticella nella collaborazione tra Comune e terzo settore oggi siamo qui a rendere conto di un anno di intenso lavoro, delle luci e delle ombre e delle prossime tappe del cammino.

Affermavamo: “occorre condividere obiettivi e strategie già in sede di programmazione degli interventi, portando il dialogo dalla semplice consultazione alla coprogettazione, chiedendo ad ognuno di fare la propria parte nel rispetto dei diversi ruoli e nella convinzione che senza un forte patto fiduciario tra Istituzione e Terzo Settore diventa impossibile, per entrambi, raggiungere risultati positivi per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini milanesi.”

In questi giorni partecipiamo alla penultima tappa di un percorso, iniziato ufficialmente nel settembre scorso (ma preparato in tarda primavera ed estate), di dieci tavoli tematici in cui si sono confrontate realtà del terzo settore e Comune e altre realtà istituzionali e che vuole raggiungere l’obiettivo di progettare insieme il Piano di sviluppo del welfare della città previsto dalla legge 328.

Questo documento è stato nel passato quinquennio il vero strumento guida, l’ancoraggio fondamentale delle politiche pubbliche di welfare di Milano. Con il lavoro congiunto abbiamo avuto modo di sottoporre a verifica i cinque anni trascorsi e di condividere obiettivi specifici e circostanziati per il futuro per rispondere ai crescenti, pluriformi e mutati bisogni sociali.

È la prima volta che si lavora insieme così e negli incontri che si terranno durante il forum daremo conto di quanto si è fatto. I dieci tavoli tematici hanno affrontato questioni cruciali come la domiciliarità, la disabilità, le dipendenze, la salute mentale, la grave emarginazione, i migranti, i minori, l’invecchiamento attivo, il carcere e gli stili di vita e la salute dei cittadini.

La responsabilità finale e politica del piano è e rimane naturalmente e saldamente nelle mani dell’Istituzione però siamo certi che l’opera di condivisione e maggiore conoscenza reciproca sia la strada giusta per affrontare le sfide note e quelle che oggi ancora solo intuiamo.

Per parte nostra chiediamo che tutti i luoghi di incontro, di condivisione, d’indirizzo e programmazione rimangano permanenti e riconosciuti anche al termine della scrittura del Piano perché sia sempre aperto questo essenziale ambito di confronto. (Anche in ragione della capacità dimostrata in questi anni da entrambe le parti di saper tenere ben distinte programmazione e gestione).

Chiediamo che la nostra collaborazione salga ancora di livello facendo formazione comune a partire dai nuovi scenari aperti dalla legge di riforma del Terzo settore e dai temi dell’accreditamento e delle gare d’appalto. Per proseguire con un momento di ripresa e verifica del percorso fatto assieme ad un confronto con le altre aree metropolitane per rimarcare lo spirito europeista di questa Città.

LE PERIFERIE, I MUNICIPI E LA CITTÀ METROPOLITANA
Un anno fa, da questo palco il Sindaco e l’assessore lanciavano la sfida del 20 maggio. Una sfida che come terzo settore raccogliemmo immediatamente e che ancora raccoglieremo cominciando dal prossimo 28 marzo per dire sì in modo creativo e realmente interetnico, interculturale ed interreligioso a Milano città aperta, giusta, solidale e sicura.

Faremo il massimo con entusiasmo e determinazione e onoreremo questo avvenimento culturale e questa festa civile con convinzione. Rimaniamo consapevoli tuttavia che è partendo dalle periferie che si affrontano e si vincono le sfide riguardanti temi dell’integrazione, della giustizia e della coesione sociale. Esse sono autentici incubatori sia dei problemi e sia delle soluzioni.

In quei territori investire sui processi di partecipazione e di formazione identitaria delle persone e di inclusione serve a nostro avviso davvero tanto. Vanno benissimo la rigenerazione urbana, le soluzioni abitative, le infrastrutture, le nuove opportunità produttive. Servono le case, le scuole, i trasporti, i servizi ed i sussidi alle persone vulnerabili e vulnerate e le start-up ma serve anche la cura delle relazioni, la promozione del protagonismo dei cittadini, la alleanze territoriali tra corpi intermedi e istituzioni, reti efficaci che liberino energie, che trasformino la rabbia e la paura in creatività socio-economica.

Il modello di relazione costruito tra terzo settore e assessorato al welfare è per noi un esempio virtuoso di cooperazione per il bene comune. Riterremmo opportuno che, a partire dalle periferie, potesse divenire pratica diffusa, georeferenziata e intersettoriale. Sul come fare abbiamo contribuito a dare il nostro contributo nel laboratorio metropolitano partecipato tenuto svoltosi lo scorso autunno nell’ambito di Urban Promo alla Triennale. Ci auguriamo che il 2018 possa essere un anno decisivo di implementazione di questo percorso per la nostra area metropolitana.

Le periferie sono infatti al tempo stesso un tema metropolitano ed un tema municipale occorre abbattere i muri invisibili dei confini amministrativi per affrontare correttamente le questioni. Anche in questo Milano deve sapere innovare e noi, per parte nostra, siamo disposti e disponibili a collaborare.

CONCLUSIONE
Sentiamo dunque la necessità di fare di più per combattere le diseguaglianze partendo da ciò che è in nostro potere, sentiamo la necessità di rimetterci in discussione, siamo pronti e disponibili ad aumentare il nostro impegno per sviluppare insieme la nostra città, partecipando ad un cambiamento culturale, di cui ci sentiamo protagonisti a pieno titolo.

 

[1]L’indicatore misura la differenza tra l’ammontare complessivo dei redditi annuali dichiarati dai cittadini nella fascia uguale o superiore a 120.000 euro e da quelli nella fascia inferiore o uguale a 10.000. Viene quindi calcolato lo scarto tra lo stock dei redditi tra il l’ultimo e il primo quintile della distribuzione. La variazione percentuale è riferita a tale divario di ricchezza rilevato in ciascuna realtà metropolitana o provincia italiana nel 2008 e nel 2016. I  dati utilizzati per costruire l’indicatore sono stati estrapolati dall’Open data del MEF sulle dichiarazioni dei redditi: 2008-2017.

[2]L’indice di disagio è stato elaborato normalizzando i valori da 1 a 100 di alcune indicatori: oltre ai protesti bancari in euro e numeri di furti per diecimila abitanti, tale misura ha tenuto conto del tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 anni, del numero di interruzioni delle linee elettriche e della percentuale di spesa per gioco alle slot machine sul PIL pro capite. I punteggi delle singole variabili sono stati addizionati nell’indice sintetico.

[3] T. Vitale, Governo collaborativo e catene relazionali di innovazione. Spunti a partire dal caso di Milano, 2017.