«La mancanza del lavoro toglie dignità»

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Papa Francesco incontra le Acli 23 maggio 2015

di Paolo Colombo – 25/05/2015

Sono parole importanti quelle che papa Francesco ha rivolto alle ACLI nel corso dell’udienza di sabato 23 maggio in Aula Nervi. Un discorso, quello del papa, centrato sull’importanza del lavoro e sulla dignità che in virtù del lavoro la persona umana è in grado di acquisire. “La mancanza del lavoro toglie dignità”: lo sperimentano sulla loro pelle i moltissimi giovani che giorno dopo giorno si scoraggiano in una ricerca vana, fino a cadere vittime di proposte degradanti o malavitose.

Le basi delle riflessioni di papa Francesco trovano esposizione più ampia nella Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, in particolare al paragrafo 192. Occorre realizzare il sogno di un “lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale”: solo così la persona umana potrà realizzarsi appieno, solo così faremo fronte comune contro l’idolatria imperversante nella società e nell’economia attuali, quella cioè del dio-denaro, un dio che tutto asserve a sé e che “scarta” ciò che non è compatibile con il proprio dominio.
Non si tratta però di un sogno vago, irrealizzabile; si tratta invece di un sogno che, con la forza e l’energia di ogni uomo e donna di buona volontà, può trasformare la società rendendola più consona al valore della persona, di ogni persona. In questa luce, uno dei passaggi più forti del discorso del papa è il seguente: “è una importante battaglia culturale, quella di considerare il welfare una infrastruttura dello sviluppo e non un costo”. Spesso si afferma che l’attuale condizione di welfare, soprattutto in Europa, non sia più finanziariamente sostenibile. Il problema è però anzitutto di ordine culturale, riguarda gli orientamenti di fondo della società e di conseguenza deve innervare le scelte di ordine finanziario – non viceversa. L’aiuto verso chi è più debole non va considerato come un costo, come tale da sostenere con gli avanzi di bilancio, ma come una infrastruttura dello stesso sviluppo, divenendo così un punto centrale di qualsiasi politica economica. Questo, almeno, in una società che voglia chiamarsi “avanzata”.

Su questo scenario, quali i compiti delle ACLI? Il papa ne ha richiamati parecchi, a partire dal dovere di “vivere con impegno e passione” la nostra anima associativa. Quello delle ACLI è un cammino che coinvolge centinaia di migliaia di persone in tutta Italia oltre che in diversi Paesi all’estero, ed è un cammino mosso da precisi valori, che sono in fondo quelli dettati dalla Dottrina sociale della Chiesa. Proseguire giorno per giorno tale cammino con passione, rinnovando l’esperienza dei moltissimi circoli attraverso l’ascolto della Parola e nel confronto con tanta gente sui nostri territori, in primo luogo con l’azione de nostri servizi: è questo un compito che mai finiremo di assolvere.
Ancora: “Voi potete fare da coordinamento e da motore dell’Alleanza nuova contro la povertà, che si propone di sviluppare un piano nazionale per il lavoro decente e dignitoso”. Da mesi le ACLI, insieme ad altri sindacati e associazioni, si spendono nella campagna a favore dell’introduzione del REIS (Reddito di inclusione sociale). A sua volta tale campagna si inserisce in un percorso più ampio che è quello della lotta nei confronti della povertà, che anche in Italia è sempre più diffusa. Basta poco per cadere nella povertà: la perdita del lavoro, la malattia di un anziano, persino la nascita di un figlio… Ma perché questa società, anziché aiutare ciascuno nella concretezza della propria situazione, preferisce favorire alcuni pochi a sfavore di molti altri? Perché il crescere a dismisura delle disuguaglianze, fino a creare intollerabili ingiustizie?
Occorre ripartire dalla dignità della persona umana e dalla dignità del lavoro: per questo, un altro compito che il papa assegna alle ACLI è quello di essere noi stessi creatori di lavoro. Insieme alle campagne a sfondo politico, non meno importante è infatti il nostro impegno per generare lavoro, ad esempio attraverso le svariate forme di impresa cooperativa grazie alle quali la risposta al bisogno di alcuni (un pezzetto di welfare) si trasforma in opportunità anche lavorativa. In definitiva, di nuovo sulla linea delle indicazioni del papa: il welfare non come costo mal sopportato, ma come opportunità di crescita per tutti.

Sono note le tre storiche fedeltà delle ACLI: alla Chiesa, ai lavoratori, alla democrazia. Papa Francesco ne ha aggiunta un’altra, o meglio ne ha proposto la sintesi: la fedeltà ai poveri, quarta fedeltà delle ACLI o forse, meglio ancora, fedeltà richiesta ad ogni cristiano e ad ogni credente. E’ questa un’indicazione che affonda le radici nell’intero magistero e nello stile di vita di papa Francesco, uno stile di vita che deve essere in maniera sempre più chiara anche quello delle ACLI: la fedeltà ai poveri, intesa come il punto di vista da cui considerare ogni questione per individuare le soluzioni più adeguate. Sarà questa la strada sulla quale proseguire con coerenza il cammino iniziato 70 anni fa.