La “Non riforma” della Legge Regionale sulla Sanità

La “Non riforma” della Legge Regionale sulla Sanità email stampa

940
0
SHARE
Palazzo Lombardia.

Nota: L’articolo è stato scritto poco “prima” del voto finale in Consiglio Regionale, come “lettura” politica dell”iter procedurale, ma era chiaro da subito il finale

 

Premessa.
Qualche anno fa, Gianrico Carofiglio ha pubblicato un libro dal titolo: Con parole precise.

Parole precise che sono spesso sostituite da metafore, similitudini, dalla retorica; utilizzate per esprimere concetti che in assenza di “precisione” possono essere successivamente contraddetti, modificati nel loro senso. Parole che esprimono una pluralità di intenzioni che, a seconda del procedere dei dibatti, confronti, ragionamenti, patti o accordi, possono essere “aggiustate” cambiando il senso che si è precedentemente, anche, firmato o sottoscritto.
La parola confusa è un ostacolo per la libera circolazione delle idee. Il pericolo, molto concreto oggi, è che la (pseudo) discussione pubblica costruisca un simulacro di democrazia, in cui ciascuno possa impunemente contraddirsi e affermare il falso. Quando le parole divengono vaghe, quando smarriscono il legame con i propri significati, viene meno la possibilità di controllare chi comanda”.  (G. Carofiglio)

E allora “PRECISIAMO” il reale significato di qualche termine ed i confini dello scacchiere sul quale si gioca la SALUTE in Lombardia.

Sanità :  Le metodologie di analisi, la gestione della progettazione e il monitoraggio dei processi a supporto della realizzazione del prodotto/servizio in ambito sanità e il miglioramento del suo sistema qualità, consentono, all’interno di una organizzazione sanitaria complessa, l’individuazione e il governo sia dei processi gestionali che dei processi sanitari.

Salute : Complesso delle condizioni fisiche in cui si trova un essere vivente: essere in buona, ottima, cattiva, pessima salute.

Sistema : Complesso di elementi che, mantenendo le proprie caratteristiche, formano un tutto organico, integrandosi a vicenda. Pluralità di elementi collegati tra loro per eseguire una determinata operazione. Metodo, insieme di tecniche utilizzate per la realizzazione di un progetto, modo di agire, norma, complesso delle regole di comportamento:

Servizio : Impegno senza riserve, dedizione totale in favore di qualcuno o qualcosa. Essere, mettersi al servizio di qualcuno, di qualcosa, dare piena disponibilità.

Servizio Sanitario Nazionale/Regionale : il personale addetto a tale servizio e il complesso delle strutture pubbliche adibite alla tutela e alla cura della salute dei cittadini; Servizio sociale, assistenza volta a prevenire o risolvere le situazioni di necessità e di disagio sociale di un singolo o di una comunità

Poliambulatorio : Luogo per consultazioni e cure mediche e chirurgiche costituito da più ambulatori specializzati dotati di adeguata attrezzatura

Case della Comunità/Salute : Le Case della Comunità sono strutture facilmente riconoscibili e raggiungibili dalla popolazione di riferimento, per l’accesso, l’accoglienza e l’orientamento del cittadino. In esse operano comunità di professionisti (équipe multiprofessionali e interdisciplinari), secondo uno stile di lavoro orientato a programmi e percorsi integrati, tra servizi sanitari (territorio-ospedale), e tra servizi sanitari e sociali. Le Case della Comunità  sono un nodo della più ampia rete di offerta dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali, e al tempo stesso sono parte integrante dei luoghi di vita della comunità locale. Infatti, attraverso i concetti di “casa” e di “salute”, di cui l’assistenza sanitaria rappresenta solo uno dei determinanti (e non tra i più importanti), si intende porre al centro la comunità, nelle sue varie forme: pazienti, caregiver, associazioni di pazienti e cittadini. Le Case della Comunità possono diventare parte integrante dell’identità della comunità, un luogo di partecipazione e di valorizzazione di tutte le risorse della comunità, in cui si possa sviluppare l’Inclusione.

 Perché questa premessa, che parrebbe irragionevole nell’ambito del confronto per la “riforma” della Legge Regionale sulla sanità?
Prendendo atto della “proposta di Progetto di Legge (PDL) di riforma sanitaria recante modifiche al Titolo I e al Titolo VII della legge regionale n. 33/2009 (Testo Unico delle Leggi Regionali in materia di Sanità) come emendata dal PDL e successive modifiche approvate in terza Commissione Sanità” entriamo subito nel merito:

La nostra opinione su alcuni concetti o principi desunti dalla Legge Regionale Lombarda sulla Sanità

Nella Legge sono presenti molte ambiguità e contraddizioni per un reale rinnovamento della Sanità Pubblica Lombarda. Ne citiamo solo alcune.

Tra i principi di fondo si parla di
scelta libera, consapevole e responsabile dei cittadini di accesso alle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, per il percorso di diagnosi, cura, presa in carico e riabilitazione, in un’ottica di trasparenza e parità di diritti e doveri tra soggetti pubblici e privati che operano all’interno del SSL” (art. 2).

Ma come può essere considerata “libera” una scelta, quando mancano le condizioni preliminari ed oggettive per decidere a chi rivolgersi per la “presa in carico” del cittadino bisognoso di cure, se la capacità di offerta del Servizio Pubblico è pressoché assente, con tempi di attesa per prestazioni diagnostiche al di fuori di ogni ragionevole e pertinente attesa?

Altro principio discutibile ed ambiguo è quello della
equivalenza e integrazione all’interno del SSL dell’offerta sanitaria e sociosanitaria delle strutture pubbliche e delle strutture private accreditate; garantendo la parità di diritti e di obblighi per tutti gli erogatori di diritto pubblico e di diritto privato e promuovendo l’applicazione dei CCNL di riferimento sottoscritti dalle organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative “ (art. 2 comma b bis).

Questa norma a dire il vero non è ambigua, anzi è MOLTO chiara.
EQUIVALENZA (sinonimo di lo stesso valore, parità, corrispondente, uguale, equipollente) è un termine equivoco che potrebbe essere interpretato e significare più cose, diverse da “PARITA’ D’OFFERTA”, che in realtà è la stessa cosa ma detta in forma diversa, ambigua appunto.

EQUIVALENZA, è una modalità per “far apparire” sullo stesso piano il Servizio Pubblico con le “prestazioni” erogate dal Privato.

Il Servizio Pubblico è un “Servizio” gratuito ed universalistico dello Stato.
Il Servizio reso da erogatori Privati persegue un “Profitto”, pagato integralmente dal paziente o da un valore versato dalla Regione (DRG [1] riconosciuto per prestazioni al privato).

Si tratta sempre comunque di soldi pubblici (oggi oltre il 40%) versati a strutture private che, a differenza del servizio Pubblico, possono scegliersi le prestazioni più remunerative da erogare.
Il Servizio Sanitario Privato deve essere coordinato ed integrativo del Servizio Pubblico e non sostitutivo.
Quindi, scrivere “Equivalente” è una mistificazione della realtà in quanto le prestazioni partono da presupposti e condizioni diverse.

In merito alle Funzioni della Regione:
sono istituiti il tavolo regionale di confronto permanente con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale e il forum del terzo settore per l’espressione di pareri sul PSSL, sugli indirizzi annuali di programmazione regionale e sui piani pluriennali. Al Forum regionale del terzo settore partecipano le Direzioni generali competenti in materia sociosanitaria e sociale ed i rappresentanti del terzo settore. E’ istituito inoltre l’osservatorio regionale con la partecipazione delle associazioni di rappresentanza dei Comuni, degli enti gestori e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative da istituire con decreto della Direzione generale dell’Assessorato competente in materia sanitaria e sociosanitaria. “(art. 5 comma 13bis)

In sostanza le organizzazioni sindacali ed il Forum del terzo settore hanno solo la possibilità di ESPRIMERE dei Pareri e viene “ISTITUITO” un OSSERVATORIO regionale da “ISTITUIRE” con decreto dalla D. G. dell’Assessorato competente …

Si sbandiera il coinvolgimento del terzo settore e dei sindacati nella realizzazione del piano PSSL (Piano Socio Sanitario Lombardo) e poi gli permettono di esprimere solo pareri.

Non è possibile non considerare nella riforma del sistema sociosanitario lombardo l’evoluzione dell’ordinamento verso una compiuta attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale (art. 118, u.c. Cost.), che con la legge 6 giugno 2016 n. 106 e il D.lgs. 3/7/2017 n. 117 (Codice del Terzo Settore), e grazie alla giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr la nota sentenza n. 131/2020) vede inaugurarsi un nuovo modello di amministrazione pubblica, che la Corte costituzionale definisce “amministrazione condivisa”, in cui gli Enti del Terzo Settore sono stabili partner degli enti pubblici: con loro anzitutto co-programmano gli interventi e i servizi, e poi contribuiscono a realizzarli secondo le forme della co-progettazione e del convenzionamento (cfr. artt. 55-57 Codice del Terzo Settore).

Invece nella proposta di riforma i Soggetti del Terzo Settore che sono parte integrante nell’erogazione di Servizi e Prestazioni nell’ambito Socio-Sanitario, potranno esprimere solo pareri.

Anche i Sindaci, che per legge sono l’Autorità Sanitaria Locale, vengono scarsamente considerati e coinvolti nelle decisioni nel proprio territorio.

Gli viene assegnata solo la facoltà di “formulare Proposte e di esprimere Pareri” sulle Linee Guida riguardanti l’integrazione Sanitaria e Sociosanitaria con le funzioni sociali di competenza delle autonomie locali!

Per quanto riguarda il Dipartimento per l’integrazione delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie con quelle sociali, che dovrebbe essere uno dei più importanti Dipartimenti che fanno capo all’ ATS, in quanto dovrebbe risolvere “situazioni di criticità di natura sanitaria e sociosanitaria riscontrate nel territorio di propria competenza” è prevista solo in via facoltativa e non obbligatoria  “la possibilità di attivare una cabina di regia con funzioni consultive” (Art. 6 comma 6 lett f) ).

Tale cabina di regia dovrebbe coinvolgere tutti gli attori interessati tra cui il Terzo settore e i Comuni, ma nella normativa non è considerata così importante da renderla obbligatoria.
Anche la norma con cui vengono definite le Case di Comunità contiene ambiguità che pongono numerosi interrogativi.
“Le Case della Comunità, la cui gestione può essere affidata ai medici di medicina generale [MMG], anche riuniti in cooperativa e in collaborazione con le farmacie convenzionate ai sensi del D.Lgs. 153/2009:

  1. a) erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie ambulatoriali e domiciliari a media e bassa intensità;
  2. b) possono attivare degenze intermedie, subacute, post acute e riabilitative, a bassa intensità prestazionale ed in funzione delle particolarità territoriali, secondo la programmazione dell’ATS territorialmente competente;” (art. 7 comma 16)

Chi decide se la gestione della CdC deve essere affidata agli MMG? o  affidata anche a Cooperative di MMG – quindi ci sono più e diversi Soggetti che “possono attivare, degenze intermedie, subacute” ecc.. . Significa che ogni CdC compie queste scelte in autonomia? Con quali criteri? C’è una omogeneità di trattamento?

Perché rinunciare all’apporto di Comuni e realtà Locali, che CONOSCONO le peculiarità locali: mobilità, consuetudini, contesto socioeconomico, relazionale, Reti di volontariato – organizzato e libero – ecc. e sono nelle oggettive condizioni di “Disegnare la mappa delle Reti Sociali reali” che contribuiscono al Ben – Essere delle variegate Comunità territoriali?

Perché non “costruire” con esse la Dimensione, i Servizi, le prestazioni e gli orari delle C.d.C. ?
Per organizzare una efficiente Sanità territoriale non si può fare a meno del coinvolgimento dei Sindaci, che sono le figure istituzionali più vicine ai bisogni dei cittadini e della singola comunità.
 Queste sono solo alcune norme che “manifestano” la concezione verticistica che plasma l’intera pseudo – “riforma”; un restyling di facciata che nasconde l’ulteriore dissolvimento del ruolo Pubblico nella gestione del Servizio Sociosanitario Regionale.
Quanto basta per capire che la collaborazione delle Realtà Politiche e Sociali Territoriali è mortificata in modo arrogante, presuntuoso e prepotente, lasciando una sola strada da intraprendere: generare CONVERGENZE per dar corpo ad un Soggetto alternativo per il Governo della Regione!

Cosa resta possibile fare. Rivolgersi alle Persone che partono da una assunto semplice, chiaro e preciso: “Quando ne ho bisogno”, ho necessità di avere un luogo ben identificato, uno spazio dove essere “Preso in Carico”, curato, diagnosticato senza rincorrere i diversi poliambulatori sparsi nel territorio, ma avviato a ulteriori Servizi o Prestazioni più complesse, se servono al mantenimento della Salute! Come realizzare tutto ciò?

Quante persone sanno, conoscono le Case della Salute / Comunità?  Quanta consapevolezza c’è nei cittadini di queste problematiche? C’è conoscenza in merito alle Case di Comunità e agli Ospedali di Comunità e al Punto Unico di Accesso?

La nostra proposta è che le Acli, con la rete dei Circoli, svolgano la funzione loro caratteristica di “pedagogia sociale” impegnandosi concretamente a diffondere la conoscenza di questo modello di “PRESA in CARICO” del Cittadino/Paziente per la tutela della Salute di tutti.  Non enunciato con roboanti proclami ma nella comprensibile concretezza che assolve all’Universalismo del Servizio.

I Circoli, PROTAGONISTI, Attori e Autori nella condivisione del “sapere”; nicchie biologiche che proliferano nei tessuti sociali dei territori che abitano.

[1] DRG (acronimo di Diagnosis Related Groups, ovvero Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi) si indica il sistema di retribuzione degli ospedali per l’attività di cura, introdotto in Italia nel 1995. Gli interventi vengono retribuiti non più «a piè di lista», cioè in base alle giornate di degenza, ma «a prestazione».