La Repubblica del vittimismo

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I confronti con il passato sono sempre spiacevoli, servono invece a far comprendere le differenze tra un ieri non privo di errori, ma pieno di dignità e di rispetto, ed un oggi con errori ma privo di dignità

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Foto di Elias Schäfer da Pixabay Da anni è in atto un processo di disunità sociale del Paese, che induce il Nord ad essere meno solidale con il Sud.

Il vittimismo è un espediente che fa parte degli strumenti della cattiva politica per giustificare errori e scelte non altrimenti motivabili, o per occultare le vere ragioni di una scelta.
Nella politica italiana è un antico vezzo.
Come poteva Vittorio Emanuele II non raccogliere il grido di dolore che si alzava dai popoli oppressi e fare la guerra all’Austria? E che dire della Vittoria mutilata che dopo la Prima guerra mondiale privò l’Italia dei suoi sogni di grandezza mediterranea, quando invece questo esito non derivò che dalla debolezza e dall’incapacità   dei negoziatori italiani e dal loro goffo, quanto velleitario, comportamento al tavolo della pace.

Dal mito della Vittoria mutilata venne il fascismo con le sue idee imperialiste ostacolate dalla perfida Albione che negava all’Italia proletaria il suo legittimo diritto ad avere un posto al sole.
Pensiamo anche ad una certa cultura storiografica e ad una certa classe dirigente meridionale che continuano a coltivare il pensiero autoassolutorio di un Mezzogiorno arretrato perché vittima dei soprusi del Nord; e di un Nord che, avendo preferito dedicarsi all’economia e utilizzare lo Stato come un bancomat, ha sempre disdegnato l’impegno politico, salvo poi lamentarsi dell’egemonia politica centromeridionale. Basti vedere la provenienza territoriale degli attuali ministri per trovare ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno.

La borghesia del Nord si sente defraudata del ruolo di classe dirigente del Paese e come risponde? Si vittimizza e immagina che la soluzione sia la fuga nel regionalismo a residuo finanziario zero, cioè tutte le tasse pagate devono rimanere nel territorio, salvo quanto occorre per sostenere le spese necessarie dello Stato.
Il vittimismo si combina con l’egoismo. Inutile essere ipocriti, da anni è in atto un processo di disunità sociale del Paese, che induce il Nord ad essere meno solidale con il Sud.
Lo stesso schema si trova replicato a scala continentale e utilizzato dalla destra sovranista: Italia vittima della cattiveria dell’Europa.
Altri casi sono rappresentati dal vittimismo giudiziario.
Il politico sotto accusa in un processo lamenta che lo sia per motivi politici inventati da magistrati politicizzati, perciò vuole difendersi più che nel processo dal e se il politico è potente tenta di avere anche nuove leggi che depenalizzano il reato.

Poi arriva il Covid, ma il vittimismo nazionale non può prendersela che con il destino cinico e baro, ma anche un po’ con la Cina, però in sordina.
La Lombardia subisce un duplice assedio. Uno interno per la larga scala dell’epidemia che l’ha colpita, ed uno esterno, perché viene additata come l’untrice principale della nazione. E qui scatta la reazione vittimista, peraltro non compatibile con il carattere dei lombardi.

C’è un pregiudizio antilombardo”, denuncia il Presidente della Regione per le accuse che mettono in evidenza gli errori di gestione dell’emergenza sanitaria e i palesi limiti e difetti della sanità lombarda, impietosamente confrontati con gli eccellenti risultati del Veneto e dell’Emilia Romagna e con le altrettanto positive capacità di governo di queste due regioni. Dopo la denuncia del pregiudizio è arrivata la reazione e la risposta è stata ancora peggio del vittimismo: “Non abbiamo sbagliato nulla. Rifaremmo tutto da capo.” Davvero, proprio niente? L’affermazione nasconde la debolezza di chi avverte il peso dei propri errori, ma non li vuole ammettere. Difetto tipico di una classe dirigente (?) immatura.

I confronti con il passato sono sempre spiacevoli, servono invece a far comprendere le differenze tra un ieri non privo di errori, ma pieno di dignità e di rispetto, ed un oggi con errori ma privo di dignità.
Pensiamo a Togliatti che non strumentalizza né si vittimizza per l’attentato subito. Pensiamo a De Gasperi che si vede rifiutata udienza privata da Pio XII per motivi politici (il Papa era favorevole all’alleanza con le destre per il comune di Roma, De Gasperi decisamente contrario), ed ecco la sua risposta per il tramite dell’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede: «Come cristiano accetto l’umiliazione, benché non sappia come giustificarla; come presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, la dignità e l’autorità che rappresento e di cui non mi posso spogliare, anche nei rapporti privati, m’impone di esprimere stupore per un rifiuto così eccezionale e di riservarmi di provocare dalla Segreteria di Stato un chiarimento.»

Il chiarimento non ebbe mai luogo, ma mai De Gasperi pensò di assumere il ruolo della vittima e di strumentalizzare l’episodio. Per tutti i clericali: questa è la laicità della politica. Per tutti: questo è il senso dello Stato.
E’ così assurdo, oggi, sperare che la cifra della politica e della nostra comunità nazionale ritorni ad avere il valore della dignità?