
Il Convegno di studi delle Acli a Napoli è stato un momento intenso di riflessione della nostra Associazione sui cambiamenti epocali che stanno rivoluzionando le forme del lavoro su scala planetaria. La tre giorni di Studi ha offerto ai partecipanti le analisi e le riflessioni di esperti dei temi del lavoro: imprenditori, sindacalisti, economisti, sociologi, giuslavoristi, giornalisti, docenti universitari, molti dei quali coinvolti nella preparazione delle settimane sociali della Chiesa Cattolica del prossimo ottobre.
In questo modo i contributi portati, molto ricchi e fedeli al tema del dare e ridare valore al lavoro in tutte le sue dimensioni (professionale, tecnico, relazionale, sociale e politico), hanno anche inserito la riflessione del movimento nel percorso che la comunità ecclesiale italiana sta facendo.
Come prevedibile ne è emerso in quadro complesso, con elementi positivi e forti criticità, conditi con una buona dose di incertezza sul futuro del lavoro. L’impatto dell’innovazione tecnologica e l’automazione coinvolgeranno tutte le attività lavorative, non solo quelle manifatturiere. Quindi non solo Industria 4.0, ma anche Gig economy e Lavoro 4.0. Un processo ancora in via di definizione che porterà alla scomparsa di una serie di attività professionali in cui l’uomo verrà sostituito dalle macchine e che trasformerà molte altre attività in cui i lavoratori in carne ed ossa dovranno adattarsi ad un nuovo rapporto con le macchine. Tutto questo richiede ai lavoratori un grande processo di riqualificazione e di adattamento alle nuove forme di lavoro da farsi in tempi rapidi. E avrà un forte impatto anche sulle regole del lavoro.
Il lavoro 4.0, svincolando molte attività lavorative dal lavoro presso una sede aziendale definita e da orari standardizzati, mette in discussione le basi del diritto del lavoro e della contrattazione collettiva esistenti. Sarà anche più difficile identificare con chiarezza il datore di lavoro e il tipo di rapporto tra il lavoratore dipendente e il suo datore. Così come diventeranno sempre più incerti i confini tra categorie di impresa (metalmeccanica, commerciale, logistica, ecc.) su cui si basano le attuali forme di rappresentanza di imprese e lavoratori. Per contro la Gig economy potrebbe consentire una maggior autonomia e libertà dei lavoratori che potranno lavorare da casa e con maggiori possibilità di auto-organizzare il proprio lavoro, che più frequentemente verrà retribuito in base ai risultati, più che al tempo dedicato per svolgerlo e al rispetto di orari definiti. Con effetti anche sulle forme di conciliazione del lavoro con le esigenze di cura della famiglia. L’introduzione di robot e di processi meccanizzati in alcuni settori ridurrà i lavori più faticosi e pericolosi. Mentre la Gig economy con le sue piattaforme digitali agevolerà in alcuni campi l’avvio di attività professionali autonome e premierà la creatività personale.
Ma per cogliere queste opportunità occorrono alcune condizioni che richiedono uno sforzo comune tra istituzioni politiche, enti e agenzie della formazione, imprese e lavoratori (e loro rappresentanze), possibilmente su una scala non nazionale, ma almeno Europea.
Alcune delle condizioni proposte dai relatori intervenuti nel corso del convegno sono:
- offrire una formazione diffusa ai lavoratori e ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro che li renda capaci di utilizzare al meglio queste nuove tecnologie;
- favorire l’imprenditorialità diffusa cominciando dai percorsi formativi dei giovani;
- investire nella formazione tecnica e professionale orientando gli studenti a sviluppare le proprie capacità, tenendo conto delle opportunità occupazionali richieste dalle imprese e rafforzando quelle professioni attualmente richieste dal modo del lavoro;
- aiutare le imprese ad adottare un’organizzazione meno verticistica e più partecipativa che valorizzi i lavoratori e ne aumenti il senso di appartenenza.
Certamente questo contesto eserciterà il suo impatto soprattutto sui giovani. Nel convegno è stato presentato un’interessante studio sui giovani e il lavoro curato dalle Acli con IREF che è stato commentato dal prof. Rosina, esperto della materia. Lo studio mette in relazione, in modo chiaro, il rapporto tra l’andamento demografico e la ricchezza della Nazione. Esso evidenzia la scarsa fiducia dei giovani lavoratori nelle organizzazioni di rappresentanza tradizionali e allo stesso tempo la loro scarsa conoscenza dei diritti sul lavoro e della loro disponibilità a battersi per essi, in una condizione di forte debolezza generata dalla carenza di lavoro e dalla precarietà del posto di lavoro. Di qui la disponibilità ad accettare proposte professionali e condizioni di lavoro di qualunque genere e la propensione ad emigrare all’estero per trovare opportunità lavorative migliori.
L’ultima giornata ha dato la parola alle parti sociali (Furlan e Lauro) e alle istituzioni nazionali (Del Conte dell’Anpal e il ministro dei Trasporti Delrio) a cui il presidente Roberto Rossini ha esposto le tesi della nostra associazione nella relazione conclusiva del Convegno formulando alcune proposte e linee di intervento così riassumibili:
- potenziare la formazione professionale per inserire i giovani nel mondo del lavoro con competenze tecniche e contrastare il fenomeno dei NEET;
- rafforzare l’integrazione tra formazione e lavoro nei percorsi di Garanzia Giovani;
- assicurare tutele ai lavoratori impiegati nella Gig economy e nelle piattaforme digitali per esempio estendendo a questo comparto il contratto di somministrazione di lavoro e rivisitando le forme di rappresentanza dei lavoratori in relazione alle trasformazioni del mondo del lavoro;
- recuperare risorse a sostegno delle politiche attive con la creazione di fondi dedicati e con la creazione di social bonus per la promozione del lavoro giovanile, anche collegati a progetti del terzo settore, favoriti dalle norme di recente introduzione;
- riconoscere valore sociale al lavoro di cura verso le componenti fragili della famiglia (minori, anziani, disabili).
Soprattutto le Acli intendono rimettere al centro della propria iniziativa il VALORE umano del LAVORO, ispirate dal magistero di Papa Francesco che ci richiama continuamente ad un lavoro inclusivo, che contrasti le diseguaglianze e non accetti l’economia dello scarto. Rilanciano il nesso tra lavoro e democrazia che ha contraddistinto la storia dell’impegno aclista, ricordato emblematicamente nella rievocazione del recentemente scomparso Giovanni Bianchi. Lo fanno insieme agli altri attori sociali e politici e coinvolgendo le esperienze che più di altre possono contribuire a costruire un modello economico-sociale alternativo e più umano, come la scuola di economia sociale di Luigino Bruni e Leonardo Becchetti e la rete NEXT. Sperimentano nei territori forme di sostegno ai lavoratori e alle piccole attività economiche che mantengono un forte legame con le comunità locali e le iniziative che coniugano il diritto individuale al lavoro con il suo valore sociale.
Le fasi di grande cambiamento rimettono in discussione categorie politiche ed equilibri aprendo nuove possibilità. La sfida che abbiamo davanti non è solo quella di accompagnare le persone nella traversata di questo mare in tempesta, ma cercare di orientare la rotta verso approdi più umani di quelli da cui proveniamo.