
Oscilla tra l’11% e il 16% la percentuale tra cattolici “impegnati” e “partecipanti” che frequentano assiduamente la messa domenicale e partecipano alla vita parrocchiale; il 36% invece sono “saltuari” si recano a messa almeno una volta al mese, ma non si impegnano né in parrocchia né in altri ambiti religiosi; crescono i “non credenti” che dal 13% del 2007 passano all’odierno 22,6%. Il resto è composto da non praticanti e credenti di altre religioni. Suddivide così, lo studio Ipsos del prof. Nando Pagnoncelli, l’elettorato cattolico, durante il convegno “Il mondo cattolico, tra presenza sociale e nuove domande alla politica” che si è tenuto lo scorso 15 novembre alla Camera dei deputati su iniziativa della “Rete: amici della Fondazione Achille Grandi” – associazione di recente costituzione promossa da deputati e senatori per sostenere l’attività della Fondazione – coordinata dall’on. Francesco Prina.
Numeri, tabelle e grafici che dimostrano quella che Pagnoncelli definisce “frammentazione identitaria” del mondo cattolico, con il messaggio evangelico sempre meno influente nel comportamento dei credenti.
Ma qual è il comportamento dei cattolici nelle urne? Se tra il 2005 e inizio 2006 il centrosinistra, con Prodi, raccoglieva la maggioranza del consenso tra i cattolici impegnati, da quel momento fino al 2012 a prevalere è il centrodestra. Tendenza che si invertirà nuovamente in favore del centrosinistra per gli anni successivi. Interessante il dato sul M5S oggi ritenuto credibile da un elettore cattolico su quattro. Preoccupa l’astensionismo, sempre più diffuso anche tra i cattolici. Cresce dalle ultime amministrative il consenso per il centrodestra, spiegabile, secondo Pagnoncelli, in parte con l’effetto “bandwagon”, il “salto sul carro del vincitore”, tipico dell’elettorato italiano nel post elezioni e in parte dovuto dal nuovo posizionamento del leader di FI Silvio Berlusconi, impegnato a presidiare temi che, nel dibattito pubblico, attraggono un elettorato trasversale.
Passando all’economia i cattolici impegnati si distinguono per un atteggiamento più positivo rispetto al resto della popolazione e dei non credenti, ma forte rimane in essi la preoccupazione su lavoro e occupazione.
Particolare importanza assumono in questo momento temi quali lo Ius Soli e lo Ius Culturae. Se il primo trova l’accordo del 54% dei cattolici praticanti ed impegnati si arriva addirittura al 61% per lo Ius Culturae, percentuali che diminuiscono tra praticanti saltuari.
Positivo anche il dato sul sentimento europeo: i cattolici si sentono europeisti e voterebbero sfavorevolmente ad un eventuale referendum sull’uscita dell’Italia dall’eurozona. Dai dati menzionati, Pagnoncelli arriva ad una definizione del quadro complessiva di “un mondo cattolico al contempo fortemente caratterizzato in termini socio-demografici e tuttavia frammentato dal punto di vista delle opinioni sui temi d’attualità e delle opzioni politiche, orientato più tendenzialmente verso il centrodestra ma non immune agli atteggiamenti populisti, fiducioso nelle istituzione europee”.
Non ha dubbi il Presidente nazionale della Acli, Roberto Rossini, sul fatto che parte delle cause di questa frammentazione debbano essere ricercate nell’affievolirsi della percezione del concetto di “bene comune” tra i cittadini, che tendono ad interfacciarsi con le istituzioni per risolvere singoli bisogni. Parla poi delle divisioni tra i cattolici: «Si è rotto – afferma Rossini – il triangolo tra Chiesa, mondo cattolico e partiti politici. Oggi la preoccupazione è come promuovere una formazione popolare e cristianamente ispirata, in un momento dove la classe dirigente viene selezionata per casting o scouting”. Il presidente nazionale accenna anche alla visione più ottimistica dei cattolici “rispetto ad un paese tendenzialmente pessimista”, cattolici che guardano con maggiore fiducia alle istituzioni, anche a quelle europee, atteggiamento che, secondo Rossini, rappresenta la “vera differenza cattolica”.