Al di là del tema delle rotte d’ingresso irregolare in Italia, da sempre sotto i riflettori mediatici, in questo articolo si affronterà il tema della Gestione degli stranieri in Italia, di cui si parla poco e da cui emergono tutte le incongruenze e mancanze di un sistema a cui pare nessuno voglia mettere mano, attraverso l’esperienza dell’Ufficio Stranieri in Italia del Patronato ACLI di Milano, osservatorio privilegiato su quanto accade ed ottima fonte d’informazione sulle peripezie amministrativo-burocratiche, che deve affrontare chi decide di vivere in Italia.
Dal 2006 il Patronato ACLI di Milano ha un apposito ufficio che si occupa infatti di assistere gli stranieri in Italia, guidandoli nella presentazione della richiesta e del rinnovo dei permessi di soggiorno e nelle domande di ricongiungimento famigliare, di cittadinanza italiana e molto ancora.
LAVORATORI
I due ambiti d’impiego più significativi dei lavoratori stranieri che si rivolgono al Patronato ACLI di Milano sono l’edilizia, (come soci lavoratori di cooperative) e il lavoro domestico. In quest’ultimo ambito, a dispetto del ruolo fondamentale che i lavoratori domestici, colf, badanti e baby sitter, svolgono nelle famiglie e più in generale nella società, lavorano spesso in condizioni precarie, senza gli stessi diritti degli altri lavoratori (licenziamento, sicurezza sul lavoro, ammortizzatori sociali) e contribuiscono in misura minore rispetto agli altri lavoratori all’INPS, col risultato che fanno fatica ad accedere al diritto della pensione (nel sistema contributivo infatti un requisito per andare in pensione a 67 anni è che l’importo della pensione abbia raggiunto 1.5 volte l’importo dell’assegno sociale: soglia molto difficile da raggiungere con i contributi versati dai datori di lavoro domestico all’INPS).
ADATTAMENTO
Numerose sono anche le difficoltà che chi arriva in Italia, specialmente chi non può contare su una rete di conoscenze o di parentela, deve affrontare: dalla lingua, alla conoscenza degli usi e delle abitudini, fino alle difficoltà d’integrazione nella società e nel mercato del lavoro, dalla presa di consapevolezza dei propri diritti e doveri alla comprensione della logica e dei tempi della burocrazia italiana. Tutto ciò emerge chiaramente durante le consulenze del Patronato o nelle conversazioni tra gli assistiti e gli operatori durante l’istruzione e l’inoltro delle varie istanze.
TEMPI LUNGHI E PROCEDURE MACCHINOSE
La maggior parte delle richieste di rilascio e di rinnovo/aggiornamento dei permessi di soggiorno vengono inviate in cartaceo per mezzo di Poste Italiane alle Questure di riferimento dei richiedenti.
Compilate manualmente dai richiedenti o con l’aiuto dei Patronati, le domande vengono spedite allo Sportello Amico delle Poste Italiane, che le invia ad un centro di smistamento situato a Roma, che le rinvia successivamente alle Questure interessate. Considerato che i Patronati compilano e trasmettono le domande a mezzo telematico, l’invio del Kit cartaceo appare ridondante, inutilmente costoso, lungo, ad alto impatto ambientale. In questo sistema, l’unica utilità dell’inclusione delle Poste in questo sistema risiede nel fatto che sono tenute a verificare che l’identità del mittente coincida con quella del richiedente. Un ruolo però reso potenzialmente obsoleto dalle nuove tecnologie d’identificazione digitale, come lo SPID (come già avviene sul portale ALI del Ministero, utilizzato per esempio per le domande di cittadinanza).
L’abbandono del cartaceo a favore dell’informatica, per quanto inevitabile, appare ancora lontano se consideriamo i sistemi utilizzati in questo momento. Il Portale Immigrazione Poste Italiane, utilizzato dai Patronati per l’invio telematico delle domande di rilascio/rinnovo di alcuni tipi di permessi di soggiorno, è stato creato nel 2006 e non è mai stato veramente aggiornato, non solo da un punto di vista informatico (al punto di non essere in grado di dialogare col sistema informatico in dotazione alle Questure) ma nemmeno dal punto di vista normativo. Il portale, allo stesso modo che i moduli cartacei, riferendosi ad una normativa desueta, riportano categorie di permessi di soggiorno non più esistenti e sono carenti di altre tipologie create di recente (ad esempio la protezione sussidiaria come permesso in possesso per richiedere il permesso di lungo periodo, o il permesso di famiglia ex art. 19 TU 286/98), obbligando così gli operatori di Patronato a mascherare come possono ed inducendo spesso in errore gli immigrati che provano a compilare i moduli cartacei in autonomia e devono affidarsi ad elenchi di documenti da accludere nelle domande spesso incomplete.
IL RUOLO DEL PATRONATO
Il ruolo cruciale svolto dai patronati nell’accompagnare i nuovi arrivati nella complessità della normativa, tra la vetustà ed incongruenza dei sistemi, viene riconosciuto e valorizzato a livello territoriale (Prefetture e Questure), ma nella pratica viene disincentivato dallo Stato tramite un sistema di assegnazione di esigui ritorni economici.
Gli stranieri in Italia, soprattutto i nuovi arrivati, hanno invece un gran bisogno dell’aiuto e del sostegno del Patronato che li orienti e li aiuti a districarsi nella burocrazia italiana.
CONVERSIONI STUDIO-LAVORO
Un caso esemplificativo della complessità della burocrazia italiana è rappresentata dalle conversioni dei permessi di soggiorno per ragioni di Studio in Lavoro. Lo Stato italiano, attraverso il MIUR e le università, investe molto nell’attrarre “Cervelli”, studenti stranieri che entrano in Italia per frequentare corsi di laurea specialistica, master, dottorati, post-dottorati. Interesse primario dello Stato dopo la formazione dovrebbe essere quindi di trattenere i giovani formati. Le procedure invece sono lunghe e complicate.
La conversione diretta del permesso di soggiorno da Studio a Lavoro avviene dopo l’ottenimento di un Nulla Osta prefettizio al lavoro in Italia. Passati 60 giorni dall’inoltro della domanda (due mesi durante i quali al richiedente non è concesso lavorare se non part-time, come concesso ai detentori di permessi di soggiorno per studio), in assenza di contestazioni da parte della Questura, la Prefettura rilascia automaticamente il Nulla Osta. Di conseguenza il candidato può richiedere la conversione del permesso di soggiorno per motivi di lavoro ed iniziare a lavorare, col rischio però che il permesso di soggiorno gli venga revocato se, in seguito a controlli successivi, dovessero emergere delle criticità nei requisiti del datore di lavoro (per esempio inadempienze con l’Agenzia delle entrate). In quel caso il lavoratore si troverebbe privato del permesso di soggiorno ed obbligato a lasciare il Paese.
RICONGIUNGIMENTO FAMIGLIARE
Tra i principali motivi di ingresso in Italia, quello numericamente più significativo è il Ricongiungimento Famigliare. La Legge infatti dà diritto ai cittadini stranieri-non comunitari, residenti in Italia, che dimostrano di avere un reddito sufficiente e una dimora adeguata, di invitare in Italia i parenti di primo grado (genitori, figli, coniuge). Gli operatori del Patronato possono inviare le istanze di ricongiungimento famigliare alla Prefettura per conto del cittadino straniero in Italia, identificandosi sul portale ALI del Ministero con il proprio SPID. Una volta ottenuto il Nulla Osta prefettizio, il cittadino straniero lo invierà al famigliare che richiederà il Visto d’ingresso all’Ambasciata d’Italia del proprio Paese entro 180 giorni dalla data del rilascio. Tutte le comunicazioni scritte da parte della Prefettura e soprattutto il Nulla Osta vengono inviati direttamente all’Operatore del patronato che ha inoltrato la domanda. Ciò significa che, se l’operatore è assente dal lavoro per lunghi periodi (vacanze/malattia/..) oppure se cambia lavoro, il cittadino straniero non riceverà le comunicazioni e soprattutto il Nulla Osta e dovrà presentare una nuova domanda.
A Milano i tempi di rilascio del Nulla Osta sono di circa 21 mesi, oltre un anno e mezzo durante il quale il richiedente ha l’obbligo di mantenere tutti i requisiti. Non può perdere il lavoro e anche la composizione della famiglia deve rimanere la stessa: morti e nascite non sono contemplate e comportano l’invio di una nuova domanda.
SANATORIA DEL 2020
Le sanatorie, regolarmente emanate dai Governi di tutti gli orientamenti politici, sono lo specchio delle criticità delle politiche migratorie dello Stato, che non garantisce adeguati canali d’ingresso regolare e della inadeguatezza della gestione. Nel 2020, in piena Pandemia, il Legislatore giustamente, per garantire e tutelare i cittadini all’interno del territorio dello Stato, aveva previsto la possibilità di far emergere i rapporti di lavoro nero in essere dei cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio italiano. Le domande di regolarizzazione del rapporto di lavoro coi cittadini stranieri irregolari dovevano essere presentate dai datori di lavoro alla Prefettura. A Milano, a tre anni di distanza, non sono ancora state evase tutte le domande e, di conseguenza, molti lavoratori non hanno ancora ottenuto il permesso di soggiorno: sono in un limbo (senza codice fiscale, senza possibilità d’aprire un conto in banca, di ottenere la tessera sanitaria, con poche possibilità di far valere pochissimi diritti) dallo stato che voleva tutelarli e che invece non gli permette neanche di lasciare il territorio italiano – se non per particolari urgenze documentate, pena il decadimento della domanda. Purtroppo poi, poichè le domande sono state presentate dai datori di lavoro, spesso di lavoro domestico, tutte le comunicazioni della Prefettura arrivano a loro, col rischio di arrivare, a tre anni di distanza, a datori di lavoro deceduti o non più convinti dell’assunzione.
RINNOVO DELLA DIMORA ABITUALE
I cittadini stranieri, residenti in Italia, devono recarsi all’Anagrafe del proprio comune di residenza ogni volta che rinnovano il permesso di soggiorno per rinnovare la comunicazione della Dimora Abituale.
Questa procedura è poco conosciuta dagli stranieri e se non eseguita correttamente può causare la cancellazione dal registro della popolazione residente, comportando dei buchi di residenza anagrafica. che si ripercuotono sul diritto a richiedere in seguito la Cittadinanza Italiana per Residenza, perché per presentare la domanda di cittadinanza è necessario provare di essere regolarmente residenti in Italia per dieci anni consecutivi, senza alcuna interruzione. Un cittadino straniero in regolare possesso di un permesso di soggiorno ed iscritto all’Anagrafe potrebbe trovarsi dunque con delle mancanze nel suo certificato di residenza storico che inficerebbero il suo diritto a richiedere la cittadinanza italiana.
CANCELLAZIONI ANAGRAFICHE
I cittadini stranieri che maturano in Italia il diritto alla pensione hanno diritto a beneficiarne, anche se si trasferiscono all’estero.
Tuttavia capita spesso i cittadini non informino l’Anagrafe del loro comune di residenza in Italia del trasferimento. Ciò comporta la cancellazione per Irreperibilità dai registri anagrafici del Comune, quando l’Anagrafe si rende conto che il cittadino non risiede più al proprio indirizzo. Una volta cancellato dall’Anagrafe per Irreperibilità il pensionato straniero non avrà più un indirizzo neanche per l’INPS, che confronta regolarmente la sua banca dati con quella dell’Anagrafe Nazionale, con conseguenze disastrose sui pagamenti della pensione (quando il pensionato all’estero risulta irreperibile all’anagrafe, smette di ricevere la corrispondenza dell’INPS e non può più certificare di essere ancora in vita e di poter godere ancora della pensione). Purtroppo le cancellazioni anagrafiche per Irreperibilità sono un problema molto frequente tra i pensionati di cittadinanza extra UE residenti all’estero. E sono un problema estremamente difficile da risolvere per chi si trova fuori dall’Italia (e dall’Europa) e non può rientrare in Italia e ritrasferirvi la propria residenza (per esempio perché non è più in possesso d’un titolo di soggiorno in Italia).
Lo staff dell’Ufficio Stranieri del Patronato Acli di Milano
Carla Pucilli, Alessandro Milani, Almaz Andemariam, Ernesto Rodriguez, Simona Brambilla, Gezim Prenga, Laura D’Elia