Legge 173/2020 sull’immigrazione: qualche segnale di cambiamento

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Nell’incontro del 22 febbraio l’avvocato Giuseppe Delle Vergini ed Ernesto Rodriguez hanno analizzato gli aspetti principali del provvedimento

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Anche se il fenomeno migratorio interessa il nostro paese da molti decenni, è stato quasi sempre affrontato come se fosse un’emergenza e non come un dato strutturale della società in cui viviamo, come un problema di ordine pubblico e di sicurezza per gli italiani e non come un’opportunità di arricchimento della nostra società non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale, sociale ed umano. Papa Francesco dall’inizio del suo pontificato non ha perso occasione per continuare a sollecitare le nostre coscienze e a richiamare le nostre responsabilità perché cambiamo il modo di vedere i migranti, l’approccio nell’affrontare le questioni migratorie e la narrazione che spesso li accompagna: in una parola, ci invita alla conversione.

Al contrario, i due provvedimenti firmati Salvini nell’ottobre 2018 e nel giugno 2019 hanno di fatto esasperato l’approccio securitario al fenomeno migratorio, producendo nella realtà l’aumento delle persone illegali sul nostro territorio, l’aumento della precarietà delle condizioni di vita per molti di loro, l’aumento dei morti nel Mediterraneo (in % rispetto alle persone sbarcate), il peggioramento delle condizioni per l’accoglienza.

Solo nell’ottobre 2020, – con Luciana Lamorgese ministra dell’interno – è stato emanato il Decreto Legge n. 130, che non abolisce i due decreti Salvini, ma prova a recepire le richieste a suo tempo rivolte al governo dal capo dello Stato, per eliminare le situazioni più critiche in essi contenuti. E’ frutto di un compromesso tra forze politiche con orientamenti diversi su questo tema, ma, in alcuni casi, il DL 130, poi convertito in legge a dicembre 2020, si spinge anche oltre le richieste di Mattarella, e inizia a segnare un cambiamento di rotta.

Nell’incontro del 22 febbraio con l’avvocato Giuseppe Delle Vergini ed Ernesto Rodriguez abbiamo analizzato gli aspetti principali di questo provvedimento. Ci siamo soffermati in particolare sui cambiamenti relativi ai permessi di soggiorno – con particolare attenzione alla loro convertibilità per lavoro e alla reintroduzione di una protezione “umanitaria”, seppure denominata come “protezione speciale” –, sulle norme relative alle ONG nell’attività di salvataggio delle persone in mare, sul sistema di accoglienza ed integrazione sia per richiedenti asilo che per titolari di protezione. Il SAI (ex SPRAR ed ex SIPROIMI) nel 2019 interessava quasi 1.700 comuni, per circa 33.000 posti. L’80% di questi comuni hanno meno di 15.000 abitanti e sono concentrati nelle regioni centro-meridionali. Questo sistema di accoglienza rappresenta un modello anche a livello europeo, perché è una forma di accoglienza per piccoli gruppi, diffusi in appartamenti o piccole comunità in modo da poter entrare più facilmente in relazione con la comunità accogliente, senza suscitare paure o proteste. Una forma di accoglienza che prevede un accompagnamento personalizzato, con corsi di lingua, assistenza legale e psicologica, bilancio di competenze, corsi formativi e tirocini lavorativi per consentire un inserimento reale nel tessuto sociale ed economico del nostro paese. Un servizio gestito dagli enti locali e con un rigido controllo ministeriale sull’uso dei fondi assegnati.

Abbiamo avuto anche l’opportunità di capire il grande valore dei servizi che il patronato ACLI offre agli stranieri attraverso gli sportelli immigrazione e di avere informazioni sui risultati del provvedimento di regolarizzazione della scorsa estate, a livello milanese. A Milano sono state presentate più di 1.000 pratiche di regolarizzazione, per la stragrande maggioranza di assistenti familiari. Purtroppo la procedura di erogazione dei permessi di soggiorno in Prefettura è molto lenta e rischia di compromettere il buon esito della regolarizzazione.