
Il commento del presidente Paolo Petracca sul tradizionale Discorso alla Città , pronunciato venerdì 4 dicembre dal cardinale Angelo Scola nella Basilica di Sant’Ambrogio.
Come già in passato, anche quest’anno le parole del cardinale Angelo Scola in occasione del “Discorso alla Città” ci propongono importanti argomenti di riflessione e di approfondimento.
Il tema non poteva che essere in sintonia con il Giubileo straordinario della misericordia, espressamente voluto da papa Francesco. Di qui il titolo scelto dall’Arcivescovo per il discorso di S. Ambrogio di quest’anno: “Misericordia e giustizia nell’edificazione della società plurale”.
Misericordia e giustizia: a prima vista una categoria elide o comune limita l’altra. Ma a ben vedere non è così. Anche la giustizia ha dei limiti, che traspaiono da ogni sua applicazione unilaterale: “summum ius, summa iniuria”. Occorre l’esercizio della giustizia tenendo però conto che il fine è la persona, non la giustizia stessa. Dal canto suo la misericordia non è il “buonismo” di chi non vede o sottovaluta i problemi, ma è l’atteggiamento magnanimo di chi sa vedere la grandezza della persona anche al di là delle sue azioni errate. In definitiva la giustizia e la misericordia, specie se intese come “virtù sociali”, sono accomunate dal loro porsi entro l’orizzonte di quella “vita buona” che è il senso ultimo della societas.
Senza trascurare che la società odierna è marcatamente plurale: impossibile pretendere di imporre valori e paradigmi in modo unilaterale. Bisognerà saper dialogare, muoversi nella direzione di quel “meticciato di culture” di cui da tempo si parla, senza in ogni caso dimenticare che il cristianesimo ha avuto e continua ad avere la capacità di generare cultura, dunque di formare/forgiare pensiero e strutturare azioni in consonanza con la figura di libertà propria del messaggio cristiano.
Di notevole significato – non da ultimo nell’attuale frangente storico – i due ambiti specifici entro i quali il card. Scola suggerisce di declinare con maggior puntualità la riflessione circa l’insuperabile intreccio tra misericordia e giustizia: la situazione delle carceri e la questione degli immigrati.
Gli istituti di pena (sul territorio della diocesi ve ne sono sette per adulti più uno per minori) sono per eccellenza il luogo di attuazione delle decisioni prese in ottemperanza alla giustizia; e tuttavia la pena non può essere considerata come mera punizione, ma deve sempre essere finalizzata – come peraltro recita l’Art. 27 della Costituzione Italiana – alla rieducazione del condannato. Anche negli istituti di pena non può dunque esserci giustizia senza misericordia, cioè senza l’attenzione affinché la persona possa ritrovare il meglio di sé.
Infine la questione degli immigrati, oggi più esplosiva che mai. Pensiamo al dramma dei rifugiati, dove ritorna nuovamente e con prepotenza il binomio misericordia-giustizia. Accogliere tutti, spalancare le braccia con assoluta misericordia oppure accogliere sono chi è in regola con le richieste di asilo, applicando alla lettera la giustizia – ma quale giustizia? Pur ribadendo che il binomio non può essere sciolto in maniera semplificante, l’Arcivescovo usa parole molto nette: “Queste persone sono costrette a sostenere simili fatiche per ragioni di assoluta necessità, come la difesa della vita, della libertà o la determinazione a lasciarsi alle spalle la fame e la miseria”. Ogni rifugiato ha alle spalle situazioni drammatiche da cui si trova costretto a fuggire, sarebbe ingiusto porre in atto misure contrarie al desiderio di libertà e di vita buona che lo hanno costretto a simili passi.
E’ chiaro che le radici del problema sono di ordine sovranazionale, il che rende sempre più urgente la creazione di un nuovo ordine mondiale. Un ordine globale al quale Milano e i suoi abitanti, credenti e non, continueranno a dare il loro contributo con la tradizione di laboriosità, intelligenza e generosità che da sempre li contraddistingue.
Paolo Petracca