Ancora una volta nel messaggio alla città alla vigilia della festa di Sant’Ambrogio il nostro Arcivescovo mons. Mario Delpini ci invita ad alzare lo sguardo e a saper leggere la realtà di oggi non con gli occhi di un cinico pessimismo o di un vacuo pessimismo, ma con il cuore aperto alla speranza cristiana: “Non mi esercito per una retorica di auspici velleitari e ingenui. Intendo dar voce piuttosto a una visione dell’uomo e della storia che si è configurata nell’umanesimo cristiano. Credo nella libertà della persona e quindi alla sua responsabilità nei confronti di Dio, degli altri, del pianeta. E credo nella imprescindibile dimensione sociale della vita umana, perciò credo in una vocazione alla fraternità.”
Proprio per questo il “Benvenuto al futuro” che dà il titolo al messaggio di quest’anno non è cieco, perché non ignora il male che si annida nel cuore dell’uomo, e ricorda che cinquant’anni fa il cuore di Milano e dell’Italia vennero squarciati dalle bombe di piazza Fontana, inizio della stagione più cupa della storia repubblicana, da cui il nostro Paese seppe uscire attingendo alle sue forze più profonde come trent’anni prima era uscito agli orrori della guerra. E per questo il futuro è benvenuto “ anche se il suo colore è ambiguo e talora è colorato di entusiasmo e talora colorato di minaccia, io confido che non sia scritto, come un destino inflessibile, da forze oscure e da interessi particolari, ma che il futuro abbia i tratti che gli attribuiscono i popoli nel libero esercizio della loro responsabilità, perché il destino si faccia destinazione.”
Poi il benvenuto al lavoro, il lavoro che rimane parte essenziale dell’esperienza di vita degli esseri umani oltre che insostituibile motore dello sviluppo economico e sociale: “La disoccupazione, il lavoro troppo scarsamente retribuito, troppo esposto ai pericoli, troppo poco apprezzato spengono la gioia di vivere e inducono a immaginare un futuro segnato dalla miseria. Nella condizione di disoccupazione o di precariato viene meno la stima di sé, la fierezza di assicurare una condizione dignitosa di vita per la propria famiglia.” Le ACLI sono da sempre impegnate sul delicato confine delle politiche del lavoro che si intrecciano con la dimensione sociale e con quella familiare: in una fase segnata da fragilità diffuse, dalla tendenza a rinchiudersi con se stessi, a dubitare del futuro, a chiedere protezione da paure spesso immaginarie ma vissute come reali, soltanto lo sforzo collettivo di tutti i soggetti realmente interessati alla promozione della persona umana potrà evitare un ulteriore deterioramento della qualità della convivenza civile e della democrazia a Milano e in Italia.
Il benvenuto alla società plurale, che è un fatto e non una maledizione, in cui noi tutti “dobbiamo liberarci dalla logica del puro pronto soccorso, dispendioso e inconcludente. Dobbiamo andare oltre le pratiche assistenzialistiche mortificanti per chi le offre e per chi le riceve, anche oltre una interpretazione che intenda “integrazione” come “omologazione”. Si tratta di dare volto, voce e parola alla convivialità delle differenze, passando dalla logica del misconoscimento alla profezia del riconoscimento. Siamo chiamati a guardare con fiducia alla possibilità di dare volto a una società plurale in cui i tratti identitari delle culture contribuiscano a un umanesimo inedito e promettente, capace di diventare un cantico: benvenuto, futuro! Benvenuta, società plurale!”. Le ACLI milanesi hanno lavorato molto in questi anni perché dalla dinamica dell’accoglienza si passasse a quella dell’integrazione e alla costruzione di un nuovo modello di società radicato nei valori costituzionali . Il messaggio del nostro Arcivescovo, il magistero costante di Papa Francesco rinnovato anche in questi giorni nella lettera apostolica simbolicamente firmata a Greccio dove hsi ricorda che il presepe non è simbolo di divisione o tradizione senza anima ma viva memoria di un Dio che si schiera con i piccoli e con i poveri, con gli esuli e con gli emarginati, ci confermano nella giustezza del nostro cammino.
E non ultimo il benvenuto alla difesa della casa comune, la Terra su cui noi tutti viviamo e che soffre per i crescenti squilibri ambientali: un tema su cui l’Arcivescovo richiede un approccio non ideologico ma animato da uno spirito positivo che ci renda tutti responsabili di fronte alle sfide dell’ oggi ricercando stili di vita e di produzione diversi e più equilibrati rispetto al passato. A tale proposito mons. Delpini ricorda le parole del Papa nella “Laudato si’ “ : “ I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano come è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi. […] Molti poveri vivono in luoghi particolarmente connessi al riscaldamento […] spesso non si ha chiara consapevolezza dei problemi che colpiscono particolarmente gli esclusi.”
Vogliamo associarci, come ACLI milanesi, a questa visione di speranza del nostro Pastore proseguendo e migliorando il nostro lavoro quotidiano di attori sociali e politici nella prospettiva della costruzione di una società più giusta perché a misura d’uomo.