L’esortazione apostolica di papa Francesco “Laudate Deum” pubblicata il 4 ottobre si pone apertamente in continuità con l’enciclica “Laudato si’ “ del 2015, e questo spiega la sua relativa brevità, perché di fatto è un testo che costituisce un approfondimento di quello precedente, ma con toni più pressanti e preoccupati.
L’esortazione infatti non è soltanto una riflessione sulle urgenze della transizione ecologica, ma più profondamente è un richiamo pressante che papa Francesco fa a tutti i credenti e alle persone di buona volontà sul tema del potere, o, meglio, sulla signoria sul mondo che l’essere umano esercita per esplicito mandato di Dio.
In tal modo, e la cosa va sottolineata, il Papa si mette una volta di più sulla scia del magistero dei suoi immediati predecessori, dando corpo, ad esempio, all’intuizione che Benedetto XVI espresse parlando nel 2006 ai Vescovi svizzeri: ”Vedo sempre più chiaramente che, nella nostra epoca, la morale si è come divisa in due parti. La società moderna non è semplicemente senza morale, ma ha, per così dire, „scoperto“ e rivendica un’altra parte della morale che, nell’annuncio della Chiesa negli ultimi decenni e anche di più, forse non è stata abbastanza proposta. Sono i grandi temi della pace, della non violenza, della giustizia per tutti, della sollecitudine per i poveri e del rispetto della creazione. (…)Questo è un aspetto, che cioè questa moralità esiste ed affascina anche i giovani, che si impegnano per la pace, per la non violenza, per la giustizia, per i poveri, per la creazione. E sono davvero grandi temi morali, che appartengono del resto anche alla tradizione della Chiesa”.
Dopo aver constatato l’esistenza di resistenze al concetto di transizione ecologica e di responsabilità umana nel mutamento climatico anche all’interno della Chiesa, il Papa evidenzia il valore spirituale del richiamo alla responsabilità ambientale, a partire dal ruolo specifico che viene riservato all’essere umano.
Francesco rifiuta l’interpretazione aberrante di certo ambientalismo radicale per cui l’uomo stesso sarebbe il virus che distrugge il pianeta, ma ricorda che l’affidamento all’uomo, vertice della Creazione, la responsabilità del mondo e di tutto ciò che lo popola significa un di più di responsabilità, poiché “La visione giudaico-cristiana del mondo sostiene il valore peculiare e centrale dell’essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri, ma oggi siamo costretti a riconoscere che è possibile sostenere solo un “antropocentrismo situato”. Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature. Infatti, «noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile” (LD 67)
Nel momento in cui constatiamo che l’aumento del riscaldamento globale è causa di sofferenze, aumento della disoccupazione, fuga forzata dalle proprie terre, malessere generalizzato, è compito specifico dei credenti assumere la responsabilità di superare quello che il Papa definisce il “paradigma tecnocratico”, che è il vero potere che governa il nostro mondo, sempre più funzionale alla ricerca della massimizzazione del profitto.
E’ una straordinaria coincidenza che questo documento abbia visto la luce proprio mentre nel dibattito pubblico italiano (e non solo) riprendeva vigore l’interrogativo sulle responsabilità e sui limiti della scienza stimolato dall’acclamato film di Christopher Nolan sulla tormentata figura di Robert Oppenheimer, il coordinatore del progetto che portò alla costruzione della bomba atomica.
Nello stesso tempo, il documento arriva all’indomani della seria riflessione che le ACLI, nel loro incontro nazionale di studio svoltosi a Cuneo alla fine di settembre, hanno iniziato ad analizzare la questione dell’Intelligenza artificiale (AI) sotto il triplice profilo politico, sociale ed etico. Quest’ultimo è particolarmente sentito dal Papa, che a proposito delle questioni del cambiamento climatico invoca un “pungiglione etico” che interroghi permanentemente la coscienza di ciascuno di noi sulla responsabilità dell’essere umano di fronte alla natura e alla scienza : “Nella propria coscienza, e di fronte ai figli che pagheranno per i danni delle loro azioni, si pone la domanda di senso: qual è il senso della mia vita, qual è il senso del mio passaggio su questa terra, qual è in definitiva il senso del mio lavoro e del mio impegno?” (LD, 14).
Anche qui, evidentemente, torna la questione del potere, potere economico e potere politico, ormai avviluppati ed intrecciati in un abbraccio spesso impuro ed amorale, e si affollano le domande sulle modalità concrete per spezzare una spirale in cui il controllo tecnologico diventa anche controllo delle vite delle persone, degli Stati, dell’umanità.
In tale modo il Papa svela la natura negativa di moderni idoli come la tentazione di pensare che il potere conferito dal paradigma tecnocratico sia assoluto ed intangibile: del resto, tale potere per sua natura è escludente perché emargina i poveri ed i deboli, e crea ideologie fuorvianti come quella della meritocrazia: “Un conto è un sano al valore dell’impegno, alla crescita delle proprie capacità e a un lodevole spirito di iniziativa, ma se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità , la meritocrazia diventa facilmente un paramento che consolida ulteriormente i privilegi di pochi con maggior potere” (LD 32).
Sintomatico questo passaggio: “Sembrerebbe che la colpa sia dei poveri”. Qui il Papa condanna apertamente quella che Stefano Zamagni ha definito “aporofobia”, stigmatizzandolo come il grande male del nostro tempo. La paura dei poveri, il disprezzo, il colpevolizzare i poveri di esserlo: questo un punto centrale del magistero di Papa Francesco.
Ecco, dunque, e come ACLI ne siamo consapevoli, che il dovere dei credenti oggi è quello di prendere sempre più coscienza della correlazione della vita degli esseri umani con quella di tutto il pianeta, e di agire saggiamente e responsabilmente per difendere e tutelare la nostra comune abitazione in spirito di fraternità e solidarietà.
Più radicalmente, anche nella prospettiva delle nuove tecnologie di cui l’uomo dispone, come l’intelligenza artificiale, che il documento richiama puntualmente, occorre prendere atto che se esiste un potere dell’umanità sulla natura esso è sottoposto a quello di Dio “perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per se stesso” (LD 73).
Questa annotazione finale basta da sola a distruggere le argomentazioni fasulle di coloro che imputano al Papa di non aver parlato abbastanza (che cos’è “abbastanza” poi? ) di Dio in questo testo, che poi sono gli stessi che in altri tempi trovavano del tutto normale che vescovi e cardinali si occupassero di candidature alle elezioni e di organigrammi di partiti.
In realtà la questione di fondo che pone il Papa è quella dell’eterno riproporsi della tentazione diabolica primigenia, quella che è descritta nel libro della Genesi : “Sarete come dei”, a cui fa seguito la caduta dalla condizione originale di grazia e l’approdo ad un mondo in cui la pretesa di mettersi al posto di Dio si esplicita nel corso dei secoli in modi diversi ma sempre distruttivi, perché alla fine tutte queste pretese non hanno realizzato alcun paradiso ma hanno anzi creato l’inferno sulla terra.
Il rifiuto da parte della Chiesa dell’assolutizzazione del potere politico e tecnologico, della Classe, del Capitale, della Razza, di tutti gli idoli che via via l’umanità si è fabbricata, significa l’affermazione della dignità intangibile e della complessità della persona umana, nel suo rapporto con il Creato che a sua volta porta l’impronta del suo Creatore, e che non è stato dato all’uomo come titolare di un potere assoluto, ma gli è stato affidato come ad un custode.
E il custode è responsabile di ciò che deve custodire, perché sa che non è suo.