Papa Francesco ci ricorda che non c’è pace senza cultura della cura

Papa Francesco ci ricorda che non c’è pace senza cultura della cura email stampa

La Giornata mondiale dedicata alla riflessione e alla preghiera per la pace fu istituita da papa Paolo VI e fu celebrata per la prima volta il 1º gennaio 1968. Il ricordo di quell'evento importante nella testimonianza di Silvio Ziliotto

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Il primo ricordo che ho della Giornata Mondiale della Pace è un grande panello  (sarà stato almeno 2 metri per 4) all’entrata della mia parrocchia San Giovanni Battista alla Creta, in zona Inganni, tra il Giambellino e Forze Armate, sulla quale si stagliava una sola grande parola: PACE.

Non si vedeva unicamente il contorno, la parola infatti andava riempita a poco a poco da tante piccole tessere, ognuna aveva il valore di un proiettile che veniva convertito in pane per i bisognosi o le vittime delle guerre. Questi piccoli quadratini azzurro-cielo venivano consegnati in seguito a una piccola offerta e incollati all’interno delle  grandi quattro lettere, che apparivano e scomparivano, tra qualche palla di neve e le coltri della scighera:  la si sentiva ancora chiamare così la nebbia da chi passava la mattina presto e i soci del nostro circolo, che allestivano il tutto con la benedizione favorevole dei nostri  frati della Creta che nel loro padre fondatore Francesco avevano un esempio di pace sin dalle origini dell’ordine.

Credo che l’iniziativa si chiamasse “Briciole di pace” e venisse fatta in varie parrocchie della Diocesi e addirittura una o più volte abbia avuto luogo anche in piazza Duomo.

La scritta a poco a poco, tra una messa e l’altra, si andava componendo, e laterelmente, dopo le porte della chiesa, altri due pannelli monolitici e simmetrici spiegavano l’iniziativa. A integrazione dei quali  i soci del circolo Oscar Romero e non solo provvedevano con un volantinaggio militante, a tappeto e senza tregua, di veri volantini profumati di stampa e ciclostile.

Attorno al banchetto tra le incudini di cartone del Patronato ACLI dove si mettevano le offerte, si parlava di pace, si teorizzava la pace, si discuteva e si “litigava” pure…si! Ma per la pace!

La questione ben presto andava oltre i confini parrocchiali e coinvolgeva chi transitava sul sagrato per caso o magari di ritorno dal caffè (o più facilmente dal bianchino!), dalla distribuzione de L’Unità o dalla passeggiata con il cane.
Insomma la pace teneva banco: erano gli anni della cosiddetta seconda guerra fredda dalla fine degli anni Settanta a metà degli anni Ottanta (1979-1985) caratterizzati da un inquietante risveglio delle tensioni e dei conflitti tra le maggiori potenze, durante la presidenza Reagan, la Thatcher in Gran Bretagna e l’invasione dell’Afghanistan. Nessuno avrebbe mai immaginato che con l’avvento di Gorbaciov ci sarebbe stata un’accelerazione tale di eventi da portare, nello stesso decennio, alla caduta del muro di Berlino.

I temi caldi erano tanti: dalle fabbriche di mine anti uomo italiane, alla guerra nucleare totale, agli euromissili stessi. La paura di un conflitto mondiale era forte  quanto il desiderio per una pace globale e duratura quasi utopistica. Erano gli anni della Marcia per la Pace Palermo Ginevra, cui le ACLI di Milano, e il nostro Circolo, parteciparono con un indimenticabile viaggio in pullman verso la città di Calvino.

In quel 1° gennaio di inizio anni Ottanta verso sera centinaia di piccoli quadratini luccicavano all’interno della parola PACE, sotto le luci fioche dei lampioni e dell’ultima Santa Messa della giornata, quella delle 18. A  fine celebrazione,  per la gioia dei soci del circolo e non solo, la scritta era finalmente completata e anche la foto di Paolo VI, che tanto aveva fatto per istituire quella giornata, celebrata per la prima volta il 1° gennaio del 1968, pareva sorridere più del solito.

Antonio, uno dei soci fondatori del Circolo, stringendo la mano al presidente Giancarlo, disse: ”TE vist che ghe l’em fada!!”. Questi sorrise sornione e uscito dalla trance agonistica, resosi conto dell’impresa, corse, rosso per il freddo e l’emozione, verso la sagrestia per annunciare al parroco la lieta novella. “Padre Marcellino ce l’abbiamo fatta!” esclamò ad alta voce trafelato.

Padre Marcellino Ripamonti, uomo sanguigno, uno degli ultimi frati predicatori francescani della sua generazione, avvezzi, secondo la tradizione, a predicare dal pulpito come nel piazzale davanti al Cimitero Monumentale, gli pose le mani sulle spalle e guardandolo con i suoi occhi strabuzzati, gli disse serio ma compiaciuto: “Bene! La pace è un dono unico, di tutti!… Bisogna sempre lottare per la pace!”.

Quella sera, Antonio e Giancarlo, che abitavano nello stesso caseggiato, rientrarono assieme nella scighera che era riapparsa nel frattempo e, io nel mio passamontagna colorato, giocando con la neve, ricordo che li ho sentiti parlare animatamente,e  di cosa? Beh…mi pare ovvio…di PACE!

Credo che dal mio racconto emerga l’apostolato per la pace svolto con cura e determinazione da tanti nostri amici aclisti, elemento essenziale, come ci ricorda Papa Francesco nel suo messaggio in occasione della LIV giornata mondiale della pace (1° gennaio 2021) dal titolo significativo “la cultura della cura come percorso di pace”. Il Pontefice delinea con pochi tratti il percorso della “cultura della cura” che prende avvio da Dio Creatore come “modello della Cura” e passa per la vita e le opere di Gesù che “suggella la sua cura per noi offrendosi sulla croce e liberandoci così dalla schiavitù del peccato e della morte. Così, con il dono della sua vita e il suo sacrificio, Egli ci ha aperto la via dell’amore e dice a ciascuno: “Seguimi. Anche tu fa’ così” (cfr Lc 10,37)”.

Francesco fa discendere da questa dimensione, l’impegno secolare alla Cura nella Chiesa che, partendo dalla “diakonia delle origini, arricchita dalla riflessione dei Padri e animata, attraverso i secoli, dalla carità operosa di tanti testimoni luminosi della fede, è diventata il cuore pulsante della dottrina sociale della Chiesa, offrendosi a tutte le persone di buona volontà come un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui attingere la “grammatica” della cura: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato.”

Cura e promozione della dignità della persona e dei diritti della persona, cura del Bene Comune, cura e salvaguardia del Creato forniscono secondo Francesco un orizzonte di Pace, dove la cultura della cura dell’altro diviene percorso di pace ma anche impegno quotidiano, come afferma il Santo Padre nel suo messaggio: “Va richiamato anche il rispetto del diritto umanitario, soprattutto in questa fase in cui conflitti e guerre si susseguono senza interruzione. Purtroppo molte regioni e comunità hanno smesso di ricordare un tempo in cui vivevano in pace e sicurezza. Numerose città sono diventate come epicentri dell’insicurezza: i loro abitanti lottano per mantenere i loro ritmi normali, perché vengono attaccati e bombardati indiscriminatamente da esplosivi, artiglieria e armi leggere. I bambini non possono studiare. Uomini e donne non possono lavorare per mantenere le famiglie. La carestia attecchisce dove un tempo era sconosciuta. Le persone sono costrette a fuggire, lasciando dietro di sé non solo le proprie case, ma anche la storia familiare e le radici culturali.” Così come la guerra per Francesco non è solo un fatto bellico, ma soprattutto un insieme di conseguenze negative sulla vita delle persone, per il Pontefice la Pace è dunque qualcosa di più di un percorso di risoluzione dei conflitti.

In questo contesto l’invito di Papa Francesco è tanto accorato quanto chiaro: “In un tempo dominato dalla cultura dello scarto, di fronte all’acuirsi delle disuguaglianze all’interno delle Nazioni e fra di esse, vorrei dunque invitare i responsabili delle Organizzazioni internazionali e dei Governi, del mondo economico e di quello scientifico, della comunicazione sociale e delle istituzioni educative a prendere in mano questa “bussola” dei principi sopra ricordati, per imprimere una rotta comune al processo di globalizzazione, «una rotta veramente umana»”

Centrale nel messaggio papale anche il tema della “normalizzazione” dei conflitti: “Le cause di conflitto sono tante, ma il risultato è sempre lo stesso: distruzione e crisi umanitaria. Dobbiamo fermarci e chiederci: cosa ha portato alla normalizzazione del conflitto nel mondo?” È vero, oggi le guerre, soprattutto quelle “a bassa intensità”, vengono vissute come normali, quasi un dato scontato a certe latitudini. Il tema della normalizzazione e “parcellizzazione” dei conflitti nel mondo è stato affrontato dai nostri circoli in particolare quello geopolitico in varie occasioni, ma va sicuramente sempre monitorato. In questo dovremo avere lo stesso piglio dei nostri padri negli anni ottanta, allarmati allora dal tema delle armi nucleari, che peraltro non è purtroppo passato di moda, come il Papa ci ricorda: “Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari. Anche questo, d’altronde, è messo in luce da problemi globali come l’attuale pandemia da Covid-19 e dai cambiamenti climatici.” Nella parte finale del messaggio il papa indica proposte concrete, che raccoglieremo nei nostri impegni futuri: “Che decisione coraggiosa sarebbe  – si legge nel Messaggio per il 1 gennaio – quella di costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri!”

Da  questo messaggio credo si debba partire nel nostro percorso di costruzione della Pace, che nasce con le Acli stesse, un percorso in cui parlare di cura, di disarmo, di conversione delle spese militari e di utilizzo appropriato del recovery fund, inserendo questi temi nel nostro programma associativo.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO 
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
LIV GIORNATA MONDIALE DELLA PACE