di Paolo Petracca – 20/12/2013
Per comprendere se l’economia va bene o male il principale indicatore usato dagli economisti e riproposto sine glossa dai media è il Prodotto Interno Lordo, più noto con l’acronimo di PIL. Il PIL secondo le sue due classiche definizioni equivale alla spesa totale per acquistare beni e servizi finali prodotti all’interno di un dato Paese ovvero al reddito totale guadagnato dai fattori di produzione collocati all’interno di un dato Paese.Oggi il PIL è messo in discussione da più parti Perché? Perché lo strumento è di per se assai impreciso o meglio i media, gli economisti ed anche taluni governanti hanno iniziato a “spiegare” all’opinione pubblica che il PIL ha dei limiti di rilevazione e contiene alcune informazioni ma non ne può includere altre. Ad esempio esistono servizi non destinabili alla vendita che non hanno un prezzo di mercato. Si tratta dei servizi collettivi forniti dalle istituzioni sociali (istruzione, difesa, giustizia) che vengono erogati a prezzi “politici” che sono inferiori ai prezzi di produzione. In questo caso si suppone che il valore della produzione sia uguale alla somma dei costi sostenuti. Vi sono poi transazioni che non rientrano nel PIL. Queste possono essere di diverso genere: un primo tipo è rappresentato da transazioni che, pur non essendo strettamente illegali, violano la legislazione legale, ad esempio: lavori retribuiti in contanti, mance, lavoro svolto da immigrati irregolari, riparazioni domestiche, etc.; un secondo genere è rappresentato da transazioni illegali quali spaccio di droga, prostituzione, estorsioni, etc. Nel PIL, infine, non viene contabilizzato l’esaurimento delle risorse naturali (petrolio, legname…) mentre esternalità negative come l’inquinamento danno luogo ad un duplice effetto: da un lato non vengono contabilizzati né come mali in sé né come perdite di benessere, dall’altro il costo del disinquinamento va ad aumentare il PIL.Ma le critiche al PIL vengono da lontano Ai più attenti questi limiti erano ben noti, tanto che due straordinari leader politici statunitensi misero in guardia i loro concittadini ed elettori. Franklin Delano Roosevelt, nel 1933, affermava: “il nostro popolo riconosce che il benessere umano non si raggiunge unicamente attraverso il materialismo ed il lusso, ma cresce grazie all’integrità, all’altruismo, al senso di responsabilità e della giustizia”. E Robert Kennedy nel celeberrimo discorso del 18 marzo del 1968 aveva rincarato la dose: “Il PIL comprende anche la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle […]. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. […] Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori umani, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”. La scienza economica ha elaborato altri indicatori E in Italia? Il problema è dunque il PIL? Da Perito Industriale – n.6/2013 |
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