Sessant’anni fa la prima marcia della Pace Perugia-Assisi

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La Bandiera della pace fu usata per la prima volta durante la marcia del 1961 e da allora è simbolo dell'opposizione nonviolenta a tutte le guerre

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Domenica 10 ottobre si svolge la storica marcia Perugia-Assisi, un appuntamento che si rinnova ogni due anni, dal 24 settembre 1961 quando sessant’anni fa intellettuali, esponenti politici e uomini di cultura ma soprattutto migliaia di donne e uomini accolsero l’invito di Aldo Capitini a percorrere a piedi i 24 km che da Perugia portano ad Assisi.

Capitini, filosofo, politico e antifascista perugino, tra i primi a elaborare il pensiero nonviolento nel nostro Paese, a tal punto da essere chiamato il “Gandhi italiano”, era mosso da due motivazioni fondamentali.

La prima data dalla situazione storica: la guerra in Vietnam e quella d’Algeria, la costruzione del muro di Berlino, iniziata proprio nell’agosto di quell’anno, e la minaccia della guerra atomica con la tensione tra i due blocchi USA/URSS in uno dei suoi momenti di maggiore tensione.

Bisognava dare un segnale forte al mondo politico, il pacifismo italiano e internazionale non poteva tacere e certamente i più che quel giorno sfilarono da Perugia ad Assisi, sventolando per la prima volta la bandiera della pace, volevano gridare al mondo intero il loro fermo e convinto no alla guerra e a qualsiasi forma di violenza.
Al convegno nazionale sui temi del disarmo, tenutosi a Firenze nel 1962, Capitini replicava così a chi gli chiedeva perché proprio una marcia: “Perché la marcia della pace? Non basterebbe un convegno, uno scambio di idee, un comizio, un giornale? Le marce aggiungono altro: sono accomunamento dal basso e nel modo più elementare, che perciò unisce tutti, nessuno escludendo.” ().

La seconda motivazione, ancora più profonda, nasceva dalla necessità di un rinnovamento del movimento pacifista che, di fronte alla drammaticità della situazione storica di allora, attraversava un momento di crisi e di stallo. La “nonviolenza” per Capitini non era semplice rifiuto della violenza nelle sue diverse forme, ma un atto politico.  Egli sosteneva non tanto una politica della nonviolenza ma la nonviolenza come strategia politica e questa prospettiva apriva il pacifismo alle altre grandi sfide del tempo: la giustizia sociale, la lotta alle disuguaglianze, il confronto interreligioso e tra culture.

L’idea di fratellanza dei popoli, primo principio della marcia, per Capitini riassumeva tutti i problemi urgenti di allora: il superamento dell’imperialismo e del colonialismo, il problema del razzismo e dello sfruttamento, la necessità di un confronto vero tra Occidente e Oriente, la fratellanza degli europei con i popoli africani e la spinta di quest’ultimi alla conquista dell’indipendenza.

Per volere la pace è necessario preparare la pace, cioè lavorare perchè tutti i rapporti sociali a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito siano costruiti sul dialogo, su una sincera apertura, sulla pacifica coesistenza e competizione di idee diverse.  Nella Fratelli Tutti, lettera enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale (2020) di Papa Francesco si legge: “l’autentico dialogo sociale presuppone la capacità di rispettare il punto di vista dell’altro, accettando la possibilità che contenga delle convinzioni o degli interessi legittimi (Capitolo sesto, 203).“Armare i nostri figli con le armi del dialogo, insegnare loro la buona battaglia dell’incontro” scrive il Santo Padre, individuando nel dialogo lo strumento principe per vivere in fratellanza.

La pace è troppo importante perché possa essere lasciata in mano ai soli governanti. A dimostrarlo è la drammatica situazione in Afghanistan, l’ultimo in ordine cronologico di una serie di fallimenti collezionati dalla comunità internazionale e dagli Stati autoproclamatosi paladini dei diritti umani e della democrazia. Oggi come allora, la società civile e ciascuno di noi è chiamato a giocare un ruolo di protagonista nella realizzazione del sogno di pace.

Ha dunque ancora senso marciare come faranno da Perugia ad Assisi e lo avrà fino a che l’ultimo focolaio di guerra non sarà spento, l’ultima ingiustizia sociale non sarà sradicata, l’ultima violazione dei diritti umani non sarà estirpata. “Non possiamo rimanere indifferenti. Oggi il mondo ha una sete ardente di pace”, ha affermato Papa Francesco al XXXIV Incontro internazionale per la pace dello scorso ottobre, incontro che ha visto nuovamente riuniti i leader religiosi nella preghiera comune. Non possiamo essere indifferenti di fronte alle migliaia di civili vittime delle guerre in Siria, Yemen, Libia, nel Corno d’Africa, in Congo e ovunque ci sia un conflitto.

Non ci sono guerre mediatiche e obsolete, guerre importanti o guerre minori: solamente guerre che causano distruzione e morte.

Silvio Ziliotto    Caterina Santinon

Galleria foto Marcia Perugia-Assisi 2021