Un’ecologia integrale attenta ai bisogni di tutta l’umanità

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L’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco una “miniera d’oro” con cui il pontefice ha voluto indicare la necessità di custodire e curare la casa comune.

Il testo colpisce sia per lo stile che per i contenuti. Bisogna riconoscere al Vescovo di Roma la dote di un “discorso” diretto, che tutti comprendono immediatamente e nel quale anche le persone più semplici riescono a riconoscersi. Per ciò che concerne i contenuti, poi, forse per la prima volta un Papa si avventura in questioni molto “laiche”, suggerendo “processi di cambiamento sociale e personale” che non si propongono come l’applicazione di principi universali ma come indicazioni concrete, a volte parziali e perfettibili, affinché il mondo possa diventare migliore.Soprattutto nella parte iniziale l’enciclica può apparire un po’ pessimistica. Ma così non è, si tratta semplicemente di un approccio realistico. I cambiamenti climatici, i danni all’ambiente, gli effetti sull’ecosistema di politiche economiche ed energetiche drammaticamente inintelligenti rischiano di essere a un punto di non ritorno. Il Papa evidenzia inoltre come le questioni siano sempre più strettamente interconnesse: allo scriteriato sfruttamento del pianeta si accompagna come concausa lo sfruttamento delle persone e dei popoli, in una logica di insaziabile profitto che si dimostra il vero “idolo” della storia presente. «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» – scrive Bergoglio al punto 139.
Ne discende quella che il Papa chiama giustappunto “ecologia integrale”. In questa logica di inscindibilità della questione socio-ambientale si giunge (ma meglio sarebbe dire “si torna”, poiché fu tema centrale della Evangelii Gaudium) a un secondo punto-chiave: l’opzione preferenziale per i poveri. «Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante iniquità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione preferenziale per i più poveri» (n. 158). E’ questo uno dei nodi più insistiti nei vari capitoli dell’enciclica: l’attenzione alla natura non è fine a se stessa, ma si inserisce in un dinamismo complessivo di cura della persona umana, che a sua volta non può esistere a prescindere dai rapporti con gli altri e con le cose, siano esse naturali (il mondo-ambiente) o frutto della creatività e dell’opera dell’uomo stesso.

Il Papa non manca di sottolineare come siano i poveri ad essere maggiormente toccati dai cambiamenti climatici e dal degrado ambientale (n. 13; 20; 25; 29; 48; ecc.). I ricchi – persone o popoli – sanno tutelarsi con più facilità; viceversa i poveri si trovano spesso del tutto esposti alle conseguenze negative delle crisi ambientali. Per fare un esempio: una stagione di siccità può significare carestia per interi villaggi e le loro popolazioni, mentre per i ricchi delle grandi città tutto ciò, probabilmente, si tradurrà nell’aumento (magari lieve) dei prezzi di qualche genere alimentare negli scaffali dei supermercati.
Ecco perché il Papa insiste con tanta forza sulle responsabilità della politica e della finanza: occorre una “ecologia integrale” attenta a tutti e non una politica economica orientata principalmente agli interessi delle fasce di popolazione più abbienti. Riprendiamo qui uno dei passaggi più forti dell’enciclica, cui i media hanno dato molto rilievo (a volte imputando al Papa di essere fin troppo “anticapitalista”): «La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana. Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro» (n. 189).

Si tratta in definitiva di cambiare logica sia “dall’alto” (cambiando la politica, la finanza, l’economia e riportando la tecnocrazia nel ruolo strumentale e funzionale che dovrebbe essergli proprio, tornando ad avere “una visione buona e condivisa” della società globale, facendo crescere una nuova classe dirigente e nuovi leader onesti, preparati e orientati al bene comune) sia “dal basso” mutando, ciascuno di noi come persona e nella propria famiglia e nelle altre aggregazioni sociali alle quali partecipiamo, stile di vita, essendo capaci di vivere e testimoniare quotidianamente sobrietà e solidarietà. Occorre «rallentare un po’ il passo, porre alcuni limiti ragionevoli e anche ritornare indietro prima che sia tardi» (n. 193). E questo a partire dalle cose più vicine a noi: l’utilizzo (e non lo spreco) dell’acqua e dell’energia elettrica; la scelta convinta in favore delle energie rinnovabili; la lotta all’indebito consumo di suolo, accogliendo migranti e rifugiati, sostenendo chi è fragile e vulnerabile attraverso il volontariato e nuove forme di mutualismo. Essendo consapevoli che tanti piccoli passi fanno un passo grande e tante piccole indicazioni di stile fanno una decisione capace di mutare l’ordine delle cose.

La Laudato si’ è un’enciclica aperta: propone indicazioni di percorso e di processo ma non soluzioni definitive, dichiara la propria disponibilità a suggerimenti ulteriori e soprattutto chiede il coinvolgimento fattivo di tutti – credenti e non – in vista di un mondo migliore. E dunque chiede il coinvolgimento anche nostro.