Mentre continuano a manifestarsi gli effetti dell’eredità dell’Expo che ha fatto riaprire la città ai flussi del turismo internazionale, con arrivi da ogni Continente alla riscoperta della storia della metropoli ambrosiana e del “Modello Milano” in un intreccio fra arte, religiosità e intraprendenza imprenditoriale, si sta attuando la metamorfosi dell’area urbana in altezza, ben oltre la Madonnina, e a macchia d’olio verso l’hinterland.
Il tradizionale rapporto dell’Ambrosianeum sui cambiamenti della città dopo gli anni dell’epidemia e in vista delle Olimpiadi, aveva evidenziato la necessità di ascoltare le voci dei cittadini, nella dialettica del pluralismo culturale, per superare disuguaglianze e marginalità, al fine di dare vivibilità agli spazi urbani, nel dialogo fra idee e saperi, il pensare e il fare, abitando il confine con l’accoglienza, l’inclusione e i lavori di cura, per tessere legami e fare insieme.
Perché nonostante i sogni e le utopie, c’è il rischio di una metropoli a due velocità, di una città dei ricchi che esclude tutti gli altri, le famiglie fragili e gli invisibili, con i grattacieli e uno sviluppo immobiliare che consuma sempre più suolo urbano, nella disattenzione per la conversione ecologica, la coesione sociale e il diritto alla casa senza dover essere costretti a trasferirsi altrove.
Con il Forum dell’abitare sulle politiche urbanistiche dell’ambiente e della mobilità, sugli affitti e sulla tutela degli inquilini, sulle case pubbliche e private, su chi non può accedere al libero mercato, sulle barriere architettoniche e sulle ristrutturazioni, sugli immigrati e sulla morosità incolpevole, sugli anziani soli e sul costo dell’assistenza, è emersa una realtà complessa e spesso invivibile che deve essere affrontata con coraggio e tempestività dalle pubbliche autorità senza alibi, naturalmente in collaborazione con le organizzazioni sociali e di volontariato che operano a contatto con i bisogni della popolazione.
Fra la riqualificazione dell’area Expo e la nascita di nuovi quartieri nelle vecchie periferie, c’è il “meticciato” di una generazione multietnica e interculturale che deve trovare spazi pubblici di incontro e dialogo per superare incomprensioni e pregiudizi, alla ricerca di una convivenza amicale e fraterna, indispensabile ai rapporti di prossimità e alla sicurezza dell’abitare contemporaneo.
C’è da tutelare il diritto alla salute in un ambiente sano e sostenibile, l’urgenza della riqualificazione dell’ormai insufficiente e degradato patrimonio pubblico, l’offerta dell’ospitalità abitativa agli immigrati con il permesso di soggiorno che lavorano in città per le famiglie e le aziende, la realizzazione di residenze per gli studenti universitari che abitano oltre i confini cittadini, il sostegno economico solidaristico per l’accesso alla casa e l’alimentazione degli indigenti.
L’esperienza della cooperazione e del Consorzio cooperative lavoratori in particolare, può offrire l’occasione per la realizzazione di abitazioni con diversa possibilità di spesa, dall’acquisto in proprietà all’affitto, con la consapevolezza della complessità e della diversificazione delle esigenze personali e familiari che richiedono una programmazione più articolata e un concorso solidale di operatori pubblici e privati per garantire un effettivo diritto alla casa per tutti.
Le questioni delle occupazioni abusive degli alloggi e degli scantinati delle case popolari, delle lunghe liste d’attesa, della separazione conflittuale fra gestione comunale e regionale del patrimonio pubblico, della scarsità dell’offerta rispetto alle domande, del risanamento e della assegnazione degli sfitti pubblici, della locazione delle case private non abitate, continuano ad essere ancora irrisolte.
È indispensabile l’aggiornamento dinamico del Piano di governo del territorio per la rigenerazione urbana e un abitare accessibile alle varie fasce della popolazione, senza creare nuove e inaccettabili disarmonie ed esclusioni che generano tensioni e ingovernabilità a causa dei costi d’acquisto o di affitti inaccessibili, con l’inevitabile espulsione dei cittadini meno abbienti, l’aumento del pendolarismo urbano e della congestione cittadina.
In questa fase di trasformazione ci vuole il consenso e la condivisione, con il protagonismo dei quartieri dei vari Municipi cittadini, per riscoprire la nostra identità di città internazionale, cambiando il volto delle periferie, la qualità del vivere e del lavorare, l’abitare in prossimità, il sistema del verde pubblico e privato, delle piazze in luoghi d’incontro, nella prospettiva della transizione ecologica e dei processi di trasformazione digitale della smart city.
Nella “città intelligente” ci deve essere la condivisione delle informazioni per intercettare i bisogni e dare trasparenza ai percorsi decisionali, far circolare le conoscenze creando fiducia e familiarità con le nuove tecnologie, offrire accessibilità nella sicurezza e a difesa dei valori etici e dei diritti inviolabili delle persone dall’invadenza delle scelte ambivalenti generate dagli algoritmi.
Se veramente la rivoluzione digitale “sta cambiando tutto”, i recenti convegni e dibattiti promossi dall’Amministrazione comunale in diverse sedi, offrono una occasione per promuovere finalmente una città più giusta e inclusiva contro le disuguaglianze, con sinergie e alleanze da costruire per produrre benessere condiviso, creare opportunità di lavoro e residenza, riqualificare le periferie, aprire un dialogo costruttivo fra pubblico e privato per la qualità del vivere.
L’Arcivescovo Delpini con le visite pastorali in tutta la città, è andato oltre le Parrocchie per scoprire sui territori le emergenze scaturite dal confronto con le comunità religiose e laiche incontrate, rilevando le disuguaglianze e gli effetti problematici del neoliberismo e dell’individualismo, alla ricerca del bene comune e di solidarietà condivise, come “sentinelle” e “seminatori di futuro”.
Anche il Sindaco e i Consiglieri comunali e municipali devono quindi farsi “pellegrini” fra i grattacieli e i vecchi e nuovi quartieri, per individuare soluzioni e priorità di intervento da condividere con i cittadini, alla ricerca di un riequilibrio ormai non più rinviabile fra le varie aree metropolitane nella prospettiva del risanamento urbanistico, abitativo e delle condizioni di vita.
Le due Mostre contemporanee di Morandi a Palazzo Reale e di Van Gogh al Mudec, possono diventare emblematiche di una città alla ricerca di un’anima e di una identità capace di dare valore e poesia al vivere quotidiano e contemporaneamente ai volti e ai colori delle varie etnie cittadine, con lo sguardo rivolto all’infinito e al futuro prossimo da progettare insieme.